San Marino. Imbarbarimento del confronto politico: social e Consiglio Grande e Generale sempre più simili alla porta del “cesso” di qualunque autogrill … di Enrico Lazzari

Enrico Lazzari

Dove sta il limite fra offesa, diffamazione e critica o opinione? Mi spiego meglio. L’ipotetica frase “il dottor Pinco Pallino, a mio parere, è un omofobo che picchia la compagna”, lanciata ad una platea e senza il supporto di alcun elemento oggettivo, è realmente un parere, una opinione da tutelare in ogni sede o, invece, è una offesa, una diffamazione da perseguire nelle più opportune sedi, anche giudiziarie?

A rendere -almeno per me- preoccupante la situazione è l’ormai consolidata giurisprudenza europea, che si è consolidata fissando l’asticella del limite di trasformazione di una opinione in una diffamazione quanto mai in alto; mentre a rendere attuale questa domanda sul Titano ci sono le motivazioni della sentenza di assoluzione -che smentisce due precedenti gradi di giudizio- di Terza Istanza emessa dal Giudice Oliviero Mazza sul procedimento “Roberto Ciavatta vs Ingrid Casali”, avviato su querela di parte dell’ex Segretario di Stato alla Sanità sentitosi offeso, diffamato da una constatazione -anzi, vista la sentenza di Terza Istanza, opinione- prodotta sul socialmedia Facebook dalla Casali, nella quale sostenne che Ciavatta subì “un processo per violenza contro una donna”, senza poi -anche forse a causa di una rilevante violazione procedurale nel secondo grado- poter dimostrare la corrispondenza al vero della sua affermazione (exceptio veritatis), “declassata” a base  legittima di successiva critica nella giurisprudenza che, seguendo il “solco” europeo, va consolidandosi, ormai, anche sul Titano.

Una sentenza che, ieri, su queste “sue” pagine elettroniche, ha commentato ampiamente e in maniera estremamente chiara ed eloquente Marco Severini (leggi qui) e su cui ritengo, quindi, superfluo, soffermarmi più di tanto, se non per ricordare un passaggio determinante del medesimo atto giudiziario, che è poi la base del ragionamento che andrò a condividere.

Scrivere il falso verso un politico e venire assolti. Il Caso dell’assoluzione di Ingrid Casali e la pericolosa soglia della critica politica … di Marco Severini

E’ un passaggio un po’ complesso, non di immediata e facile comprensione. Ma rappresenta il succo della sentenza: “La critica (della Casali; ndr) non è trascesa in un gratuito attacco personale, finalizzato all’unico scopo di aggredire la sfera morale altrui, giacché la critica si è sviluppata prendendo di mira la condotta di homo publicus della persona offesa (…), poste le indubbie pendenze penali del Ciavatta (seppure, per quanto si deduce, non per violenza di genere, ndr)”; in particolare “quando il discorso critico ha una funzione prevalentemente valutativa, non si pone un problema di veridicità di proposizioni assertive, e i limiti scriminanti del diritto di critica son quelli costituiti dalla rilevanza sociale dell’argomento e dalla correttezza di espressione. Sicché il limite dell’esercizio di tale diritto (di critica; ndr) deve intendersi superato solo quando l’agente trascenda in attacchi personali, diretti a colpire, su un piano individuale, senza alcuna finalità di pubblico interesse, la figura morale del soggetto criticato…”.

Ben inteso, la sentenza appare attenta sia sui vizi procedurali rilevati nel precedente grado di giudizio, sia nel seguire la giurisprudenza europea. Tanto che la tematica centrale di questo ragionamento non è il merito della sentenza stessa (alla quale da ora non mi riferisco più direttamente vertendo sulla tematica generale), ma il posizionamento ormai conferito dalla giurisprudenza europea e sammarinese alla citata “asticella”, posta a fissare il limite in cui il sacrosanto diritto di esprimere critiche o opinioni travalica in una ben meno tutelabile, difendibile e tollerabile offesa o, peggio, diffamazione. Anzi, più che il limite sarebbe il caso di dire i limiti. Sì, perchè se questo è assai alto per la “gente comune”, schizza addirittura in “orbita” quando il protagonista diviene un personaggio pubblico, ad esempio un politico.

Se la base di una critica o di una opinione viene ritenuta infondata, falsa e diffamatoria, per un cittadino comune, come può ritornare magicamente critica o opinione legittima se rivolta contro un politico o, comunque, un personaggio pubblico?

O, sempre riferendomi alla giurisprudenza che va consolidandosi, come può l’opinione o la stessa critica essere prevalente su tutto, al punto da prevalere e “cancellare” l’accusa infondata e diffamatoria, quando base di una successiva opinione o critica? Perdipiù nell’era in cui imperversano, sempre più impuniti, i cosiddetti “leoni da tastiera”? Ci rendiamo conto che così, ogni confronto, non solo politico, rischia di trasformarsi nel muro o nella porta del “cesso” di un qualunque autogrill?

Un po’ come succede ritualmente, nientemeno che nella più alta sede democratica della Repubblica, ovvero il Consiglio Grande e Generale dove, trincerandosi dietro una ormai troppo ampia immunità che mette i “Sessanta”, nella loro azione interna al Palazzo Pubblico, al riparo da praticamente ogni azione penale, volano stracci, offese e talvolta addirittura minacce, senza che ciò porti a conseguenze per gli avventati protagonisti.

E anche qui la domanda che possiamo porci è sempre la stessa: L’ipotetica frase “il consigliere Pinco Pallino, a mio parere, usa il suo mandato parlamentare per prendere bustarelle”, lanciata all’Aula -e quindi al Paese intero e talvolta anche oltre- senza il supporto di alcun elemento oggettivo, è realmente un parere, una opinione da tutelare in ogni sede o, invece, è una offesa, una diffamazione da perseguire nelle più opportune sedi, anche giudiziarie? Troppe volte, anche in questo caso, l’interpretazione mi è parsa quanto mai insensibile nella tutela della dignità della persona, definendo opinione (quindi riconoscendo l’immunità all’offendente) affermazione che ben poco con la stessa sembrano avere in comune.

Se sul primo aspetto -la linea intrapresa dalla giurisprudenza europea- appare complicato al legislatore sammarinese intervenire, sul secondo, ovvero l’immunità dei consiglieri nell’espletamento del mandato ricevuto appare urgente una ridefinizione della normativa, definendo con precisione, togliendo ogni possibilità interpretativa della stessa al potere giudiziario, la posizione della famosa “asticella” che definisce lo spazio in cui una affermazione diffamatoria o offensiva della dignità dell’individuo -anche se politico o personaggio pubblico, che ha sì il dovere alla trasparenza, ma non può avere una Legge “non uguale” a quella di “tutti” gli altri- diventa una opinione o una critica da preservare, valorizzare e tutelare con la sacrosanta immunità. Una immunità consigliare dalle “maglie” troppo larghe, che sembra prendere da una parte -limitando il diritto a tutelare la proprio dignità- e dare dall’altra, conferendo l’impunità anche nell’offendere o diffamare l’avversario politico, e non solo politico.

Una cosa è il diritto, dei consiglieri, di non essere perseguiti per l’espressione di una critica o di una opinione, un’altra cosa è l’offesa o la diffamazione gratuita. Interpretazioni troppo “larghe” in un senso comprometterebbero il diritto di parola, ma troppo larghe dall’altro andrebbero a ledere la dignità umana e, perdipiù, porterebbero ad un inimmaginabile imbarbarimento del dibattito. 

E sta alla politica, non a caso detentrice su mandato popolare del potere legislativo -e non all’interpretazione soggettiva degli amministratori della Giustizia, europei o sammarinesi che siano- individuare il giusto equilibrio fra le due esigenze imprescindibili e, al tempo stesso, garantire che la Legge sia sempre uguale per tutti, personaggi pubblici o semplici individui che questi siano.

Enrico Lazzari

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