Tutti i media italiani, i talkshow televisivi, i telegiornali nazionali e stranieri, ieri, parlavano di San Marino, tra un misto di invidia e di ammirazione. Circa il 50 per cento della popolazione vaccinata, l’immunizzazione totale entro maggio, riaperture programmate a breve, calo costante e progressivo della curva epidemica. C’è davvero di che essere orgogliosi.
Ma tutto questo non avviene per “grazia ricevuta”, né per caso, né perché “sem ad san marein”. Certi “privilegi” non sono scritti nel DNA, ma vengono da una serie di concause ben identificabili. Innanzi tutto, una politica sanitaria molto pragmatica che in prima battuta ha tirato su le barricate contro il contagio con la creazione di un reparto infettivi (che non c’era), aumentando da 6 a 20 i posti di terapia intensiva (alcuni per il Covid, alcuni per gli altri ammalati); con l’istituzione del team territoriale e il Drive Through per i temponi, con risposta in pochi minuti.
Quasi 5 mila contagi in un anno richiedono piedi ben piantati per terra, e non lo sfascismo sanitario degli anni passati. Non a caso, tutta la struttura ospedaliera si è affiancata a questa politica: la parte amministrativa, quella tecnica e, soprattutto, quella operativa costituita da medici, infermieri e personale parasanitario. Le decisioni prese in un confronto e una condivisione continui, per essere poi riverberate al governo e alla maggioranza. È in questa sede infatti che si prendono le decisioni finali per le chiusure, le aperture, le norme sui comportamenti individuali, per l’economia, per aiutare le famiglie, i lavoratori, le fasce sociali più fragili. Bar e ristoranti sempre aperti, tranne un paio di settimane. Scuole mai chiuse, alternando la DAD ai tamponi di massa e a un monitoraggio costante. Tutto questo ha un valore, o no?
Ogni scelta è stata studiata, valutata, sofferta, condivisa e non gridata dall’imbonitore di turno che cerca solo di scavare nelle frustrazioni, nelle ansie, nelle angosce della gente. Questi sono solo sciacalli e li vediamo ogni giorno “trombeggiare” sui giornali dell’opposizione. Mai li abbiamo visti affiancarsi nella soluzione dei problemi veri! E poi ci sono quelli che si credono il giallo dell’uovo. Quelli che montano in cattedra: noi l’avevamo detto. Quelli che cercano di scimmiottare Salvini e il suo appeal popolare. Salvini però è intelligente, anche adesso che è al governo e continua ad usare un linguaggio diremmo “populista”, ma senza mai tirare la corda.
Riguardo ai vaccini, San Marino ha usato la stessa intelligenza politica, tutte le sue doti diplomatiche e relazionali, e ha messo in campo la sua migliore capacità organizzativa. Quelli che invocavano il flop (ce ne sono stati) sono rimasti con un palmo di naso e devono arrampicarsi sugli specchi per gridare contro o per cercare il pelo nell’uovo. San Marino ha chiuso ma non troppo (come ha fatto l’Inghilterra) e ha investito ogni sforzo, ogni risorsa, ogni persona disponibile, nell’immunizzazione di massa. I risultati sono evidenti e riconosciuti dall’esterno, non sempre dall’interno.
Certamente è impossibile accontentare tutti. Non c’è nessun sistema che possa dirsi perfetto, ma San Marino ha rischiato la perfezione. Basta guardare le immagini dei due centri vaccinali e paragonarle agli hub italiani: file chilometriche, ore e ore di attesa, anziani e fragili lasciati indietro, preferiti “altri” e i cosiddetti salta fila.
Piccolo è meglio? Sicuramente sì, anche se non è una regola generale. San Marino si meritava questa politica sanitaria così pragmatica? A nostro parere, si! Mille volte sì!
Qualcuno chiederà: e allora gli indignati? La libertà di pensiero è un privilegio delle democrazie che, aggiunta alla stanchezza di un anno di disagi, può sfociare anche nella protesta. Però c’è anche da augurarsi che la prossima fiaccolata sia organizzata per mettere in galera la “cricca”, che ha lasciato San Marino con oltre 2 miliardi di debiti. Anche in questo caso, ci vuole uno sforzo davvero corale per uscire dal buco nero in cui ci ha cacciato.
a/f