Premessa necessaria: cosa c’è di interessante nella sentenza Cedu del 5 dicembre scorso? Nulla. Proprio nulla, almeno in merito alle “denunce” sulle tante “anomalie” che le parti in causa hanno più volte denunciato relativamente al cosiddetto Processo Mazzini, peraltro cozzando costantemente, sul Titano, contro un muro d’acciaio! Ma tant’è…
Visto che il ricorrente è stato assolto o prosciolto non può definirsi vittima e non avendo contestato a suo tempo la parte di confisca confermata in appello, non può indicare nella stesa una violazione dei suoi diritti. E’ questo -in estrema sintesi e in forma sommaria- il succo della sentenza che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha emesso decretando la non ammissibilità del ricorso n.11536/23 presentato da Giuseppe Roberti in seguito alla controversa vicenda giudiziaria del cosiddetto processo “Mazzini”.
Ci troviamo di fronte, quindi, ad una dichiarazione di inammissibilità che non scende nel merito del processo, delle sentenze, delle contestate confische effettuate in assenza di sentenza di condanna, della sua articolazione, dei suoi anche “strani” ed “inusuali” eventi registrati sia all’interno del Tribunale sammarinese che a margine e che indussero il ricorrente a sollevare il caso nell’autorevole organismo giuridico sovranazionale.
In pratica, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in questa sua deliberazione giuridica, non porta nulla di nuovo, non conferma e non smentisce le motivazioni alla base del ricorso, anche se in certi passaggi della sentenza di non ammissibilità, si cimenta in considerazioni che, se lette con attenzione e “fra le righe”- qualcosa lasciano intendere. “…Anche ipotizzando che non fosse irragionevole per il ricorrente portare avanti la questione nell’ambito del procedimento penale -si legge nella sentenza- e che quindi il Giudice di Appello potesse essere considerato un rimedio efficace da esaurire in queste circostanze, la decisione definitiva del Giudice di Appello è datata 3 marzo 2022, mentre la denuncia è stata presentata più di un anno dopo, il 6 marzo 2023”.
Come dire, al di là del “fra le righe”, che alla base della non ammissibilità del ricorso ci sono essenzialmente degli aspetti tecnici e temporali. Altro che “doglianza non risultata fondata”, come letto su qualche organo di informazione poche ore fa.
Ma cosa dice, realmente, la sentenza Cedu in questione? Dice realmente che “ogni doglianza (degli imputati poi assolti o prosciolti; ndr) non risulta fondata”? Assolutamente no, almeno relativamente alle “doglianze” denunciate nel ricorso redatto dai due legali per conto di Giuseppe Roberti. Infatti, il succo di questa è chiarissimo:
– Il ricorrente, sulle confische confermate nella sentenza definitiva, a suo tempo, ha rinunciato tu a promuovere i reclami, ad impugnare le sentenze nei termini previsti, quindi la Corte non può scendere nella valutazione del merito, sia che le questioni siano sollevate a torto o a ragione…
– Il ricorrente, che ci siano state o non ci siano state le denunciate forzature e “anomalie” processuali che ha denunciato, è stato assolto e prosciolto, non gli è stata inflitta alcuna condanna, quindi non si ammette la valutazione delle medesime…
– I ricorrente, in merito alle denunciate forzature in chiave mediatica e politica che avrebbero tirato per “la giacchetta” il Giudice di Appello minando la serenità di quest’ultimo (in scadenza di mandato e in attesa di rinnovo “politico” del ruolo), che ci siano state o non ci siano state e senza valutare il merito e l’impatto eventuali di queste sui suoi diritti che ritene violati, le doveva promuovere entro quattro mesi dalla sentenza di appello.
Credo che tutti abbiate compreso, “tradotti” in questo modo, i contenuti e il merito della sentenza di non ammissibilità emessa dal Cedu lo scorso 5 dicembre. Sentenze che non scendono mai nel merito delle “anomalie” lesive -secondo il ricorrente- del diritto ad un giusto processo, ma che si articolano su elementi prettamente tecnici e temporali, in ambito giuridico, del ricorso e degli atti giudiziari di parte prodotti in precedenza.
Il “Mazzini” fu un processo “giusto”? Questa sentenza Cedu non lo dice…
Perdipiù, in almeno un punto questa sentenza lascia -almeno i professionisti del Foro- un poco perplessi. Mi chiedo, infatti, quale complessa ed artistica “capriola” si è fatta per sostenere che le “doglianze” sulle forzature in chiave mediatica che avrebbero potuto influenzare il Giudice di appello andavano prodotte in Terza Istanza quando la stessa Terza Istanza verteva soltanto sulle confische? Misteri giuridici, che spesso -a mio parere e competenza non specifica nella giurisprudenza- hanno a poco a che spartire con la logica e il buonsenso…
Enrico Lazzari