La guerra tra Russia e Ucraina farà crollare il castello della globalizzazione costruito sul cemento, in apparenza solido, della finanza? Prima la pandemia poi la guerra, due eventi devastanti che segnano la fine di un’epoca, di un periodo storico plasmato dalla globalizzazione, la forma che il capitalismo ha preso dagli anni Novanta a oggi.
Basta seguire qualsiasi telegiornale per capire che l’ordine mondiale energetico, commerciale, geopolitico sta mutando probabilmente per sempre sotto le bombe russe all’Ucraina, le indecisioni dei grandi della Terra, gli interessi personali che rimangono incrostati nel sottofondo e una trattativa diplomatica che arranca.
Nasce di qui l’allarme lanciato da Larry Fink, CEO e presidente del più grande asset manager del mondo, BlackRock. Lo stratega ha sottolineato che l’invasione russa dell’Ucraina rimodellerà l’economia mondiale e aumenterà ulteriormente l’inflazione, spingendo le aziende a ritirarsi dalle loro catene di approvvigionamento globali.
“Sebbene il risultato immediato sia stato il totale isolamento della Russia dai mercati dei capitali, anche le aziende e i Governi guarderanno in modo più ampio alle loro dipendenze dalle altre nazioni. Ciò potrebbe portare le aziende a effettuare più operazioni onshore o nearshore, con un conseguente ritiro più rapido da alcuni Paesi” ha detto Fink.
Che tutto stia velocemente e nettamente mutando, dalle relazioni commerciali alla strategia energetica, è sotto gli occhi dell’intero pianeta. In questo contesto sconvolto, transizione energetica e criptovalute avranno il loro ruolo di spicco. Fink ha sostenuto che le aziende in cui BlackRock investe devono fare di più per affrontare il cambiamento climatico. La sua lettera agli azionisti prevede che l’invasione russa influenzerà la transizione verso un’energia più pulita.
Inizialmente, “la ricerca di alternative al petrolio e al gas naturale russi rallenterà inevitabilmente il progresso mondiale verso lo zero [emissioni] nel breve termine”, ma a lungo termine sarà tutto il contrario, perché i prezzi più elevati per i combustibili fossili renderanno finanziariamente competitiva una gamma più ampia di energie rinnovabili.
Infine, in uno dei suoi primi commenti sulle criptovalute, Fink ha richiamato l’attenzione “sul potenziale impatto della guerra in Ucraina per l’accelerazione delle valute digitali. Un sistema di pagamento digitale globale, progettato con cura, può migliorare il regolamento delle transazioni internazionali riducendo il rischio di riciclaggio di denaro e corruzione”.
Anche la banca Credit Suisse è convinta che si stia andando verso un mondo multipolare, dove l’Europa prospererà. La bassa crescita economica – recita il report della banca elvetica – unita all’elevato indebitamento e ad alcuni sviluppi tecnologici, rischiano di riaccendere le spinte nazionaliste.
La storia ci ha insegnato che i cicli sono poliennali. Data la particolare importanza assegnata alla crisi, si può considerarne lo scoppio come punto di partenza per la misura della loro lunghezza. La crisi del 1929 è durata fin dopo la II Guerra Mondiale, quella del 2008 ancora genera conseguenze. Una fortissima crisi segnò anche il passaggio tra 8/900, come quella passata alla storia come “Il panico dei banchieri del 1907”.
Quattrocento anni prima dei Bitcoin, l’Olanda ha sperimentato per prima l’euforia irrazionale e le relative conseguenze sui prezzi. Con un esito disastroso per gli investitori. Scoppiò così la “bolla dei tulipani”, una storia di fiori e di denari.
Agli inizi del 1600 l’Olanda era definita l’emporium mundi, vi si trovava di tutto: carte marittime e sestanti, spezie e farmaci, stampe e prodotti freschi. In un tale fermento quando i primi tulipani provenienti dai giardini ottomani di Istanbul, preceduti dalla fama di “fiore di Dio”, arrivarono nel porto di Rotterdam, si scatenò l’interesse. Poi la moda e la corsa all’acquisto. Lo scambio non riguardava i fiori, ma i loro bulbi, che si conservavano a lungo e potevano essere trasportati.
Si selezionavano le qualità migliori, tra cui il Semper Augustus, diventato un benchmark, che quotava 1000 fiorini nel 1623, due anni dopo era salito oltre quota 3000. Nei quattro anni dal 1634 al 1637, la bolla si gonfiò a dismisura: il Semper Augustus arrivò a quotare 6000 fiorini. Con picchi incredibili: si narra che, nell’estate del 1633, una casa situata nella città di Hoorn, nel Nord dell’Olanda, passò di mano per il controvalore di un bulbo. Con una domanda sempre superiore all’offerta, la speculazione e l’innovazione finanziaria camminarono velocemente.
Una serie di circostanze belliche fece lievitare ulteriormente i prezzi, finché nel febbraio del 1637, all’asta di Alkmaar andata quasi deserta, ci fu il crollo. La bolla scoppiò. Coloro che si erano ritrovati in possesso di un contratto di tulipani futuri finì per pagare cifre ben più elevate rispetto al nuovo prezzo del momento. E i prezzi continuavano a scendere perché i contadini possessori di nuovi bulbi, li abbassavano pur di vendere i fiori che ormai nessuno voleva più. Il tutto accadde in 3 mesi circa. Per riparare al problema ci fu bisogno di un intervento dei governi. Moltissimi olandesi, anche ricchi e facoltosi, caddero in rovina.
Tornando alla nostra domanda iniziale sulla globalizzazione, c’è anche chi è convinto che non sia finita affatto, ma non sarà più come prima. Secondo questa corrente di pensiero, la catena della macchina mondiale si rimetterà in moto più presto del previsto. Forse si dividerà in grandi aree geo-economiche in competizione l’una con l’altra, ma non chiuse in se stesse. Il nuovo capitalismo sarà digitale, verde e responsabile. Quindi, un orizzonte diverso rispetto a quello attuale, che comunque non autorizza ad intonare il de profundis per la globalizzazione, il capitalismo, l’industria, la crescita, il progresso.
Racconta Omero nell’Odissea: quando Menelao, tornando dalla distruzione di Troia, riesce a catturare Proteo, figlio di Poseidone, lo vede trasformarsi in leone, serpente, leopardo, maiale, persino in semplice acqua e poi diventare un albero prima di riprendere la forma umana e predirgli il futuro. Il capitalismo è il moderno Proteo, l’unico sistema economico-sociale la cui sostanza è nel suo continuo mutamento.
Lo Stato può aiutare oppure ostacolare, ma non generare il nuovo. Per sua stessa natura tende a proteggere e a conservare. Ma per uscire dalla crisi, non serve farsi dominare dalla nostalgia. La globalizzazione forse non è finita, ma di sicuro cambierà faccia e a questo dobbiamo prepararci.
a/f