Un bilancio, un pit stop, bisogna sempre farlo nella propria vita.
Lo si fa a rate, ogni anno.
E quando si fa?
Il 31 dicembre.
Perché proprio quel giorno, quella sera?
E’ una data simbolo, senza scomodare più di tanto intellettuali e filosofi.
Ho avuto il bicchiere in mano il 31 dicembre verso le 23.59 ed ho pensato per pochi secondi cosa sia successo negli ultimi dodici mesi e che cosa devo risolvere nell’anno che sta per entrare.
Ho cercato gli occhi di chi voglio bene, partner o figli o genitori o quello che volete voi, per un bacio ed un abbraccio prima che quel tappo arrivi in testa magari a qualcuno, forse a me.
Il pensiero parte il secondo dopo mezzanotte, prima individuo la persona per la prima stretta.
E in quel bacio ed abbraccio c’è tutto.
Le battaglie fatte assieme nelle difficoltà ma anche nelle gioie.
Guai ad abbattersi.
Siamo fortunati, visti i tempi che corrono e il momento che stiamo vivendo rispetto a quello che ci circonda nel mondo e che sappiamo tutti.
Rimaniamo nelle medie.
Non possiamo fare altro che migliorare noi stessi.
Sorrido. Mi conosco e conosco chi mi è intorno.
Gli occhi ingranditi dai fondi di bicchiere vuoti si sono incrociati con quelli delle persone a cui ci tengo con la consapevolezza di aver lavorato per 12 mesi all’insegna del costruire, dell’aver fatto la mia parte, del ‘di più non potevo fare’.
Sicura?
Sorrido ancora.
Così molti di noi devono essere consapevoli dell’importanza del proprio ruolo e di riflesso le ricadute sul benessere degli altri.
Costruire consapevolmente qualcosa per migliorare qualcos’altro.
Ho paura dell’inconsapevolezza.
Quella in buona fede, nel fare, o non fare, o meglio non aver fatto qualcosa di più che avrei potuto fare facilmente. Uno scioglilingua.
La dannata paura di aver trascurato qualcosa di grave, irrimediabile.
Un’inconsapevolezza che dovremmo evitare, tutti.
Non parlo della consapevolezza di far del male.
Quella è facile da individuare e ognuno raccoglierà i frutti dai semi che ha piantato.
Buon anno a tutti!
BT