San Marino. La politica esce dal tribunale. L’opposizione non accetta ed esce dall’aula … di Alberto Forcellini

Per un paio di giorni abbiamo assistito ad un dibattito consiliare che sembrava traslato dalla passata legislatura, quando si combatteva contro Confuorti, la chiusura delle banche, la nomina dei giudici fatta nei corridoi e tanto altro ancora. Oggi, a parti rovesciate, chi allora era al comando del vapore combatte con tutte le sue forze la riforma dell’ordinamento giudiziario. Muro contro muro scrivono i giornali. Un dialogo tra sordi. Si racconta di 114 pagine di emendamenti, tra cui la maggior parte abrogativi dell’articolo o del comma. Un tentativo continuo, ad ogni parola, ad ogni virgola, di fermare la legge. Un’opposizione che si descrive come unico argine alla deriva della democrazia. E della giustizia. Ma è proprio così?

Questa legge, passata con ben 43 voti a favore, è stata elaborata dall’attuale magistrato dirigente, Giovanni Canzio, dall’Ordine degli avvocati e notai, da alcuni magistrati del tribunale sammarinese, da docenti universitari e dai tecnici dello staff della Segreteria Giustizia.

Come si fa a dire che è anticostituzionale, che cura interessi particolari e di casta? Sono le classiche strumentalizzazioni da dare in mano alla stampa, come fanno abitualmente Repubblica Futura e Libera per avere i titoloni. Come quello sulla fretta. Una delle maggiori accuse verso la maggioranza è di avere avuto fretta, ovviamente per motivi reconditi, e di non aver accettato la proposta dell’opposizione di fermare le bocce, di rivedersi subito a gennaio, due settimane di confronto full immersion e poi, il passaggio consiliare a metà gennaio con l’accordo di tutti.

Molti si sono chiesti cosa cambia da dicembre a gennaio? Apparentemente niente. Invece potrebbe cambiare tutto. Sul tavolo c’è la legge di bilancio e qualche frizione piuttosto palese all’interno della maggioranza. Potrebbe saltare il banco. Renzi & Co. puntano su questo, così la riforma non si fa neanche a gennaio. E loro possono esultare perché dentro al tribunale rimane tutto così com’è.

Però la maggioranza si mostra granitica per tutte le votazioni, seppure con qualche distinguo nelle valutazioni complessive. E allora si affilano le armi, si cerca di devastare tutto spargendo in aula l’illazione che si vogliono costruire correnti interne al Consiglio Giudiziario, darlo in mano a pochi e così poter fare il proprio comodo, di voler creare giudici di serie A e giudici di serie B. La maggioranza vuole fare terra da ceci in tribunale, pulizia etnica, gli interessi degli amici degli amici. È il refrain classico di Renzi.

Il quale Renzi non si accorge che parla allo specchio, racconta quello che ha fatto “il suo governo” nel settore della giustizia, quando le diverse fazioni interne si querelavano tra loro, quando qualche giudice prendeva ordini dalla politica e da alcuni imprenditori. Non si è accorto che i giudici nominati dal “suo governo” sono ancora lì, solo l’ex dirigente Guzzetta è stato sostituito da Canzio. Nessuno ha fatto terra da ceci.

Il nuovo dirigente ha riportato pace e professionalità. Non ha istigato i colleghi a denunciare il governo e lo Stato agli organismi internazionali. Invece, ha messo a tacere le correnti e ha messo tutti al lavoro, azzerando le strategie distruttive e i ricatti che le vecchie fazioni hanno cercato di portare avanti anche nella prima parte di questa legislatura. È un pezzo che non si leggono più lettere e comunicati firmati da giudici e mandati ai giornali.  Basterebbe che Renzi, ma anche i colleghi di Libera che gli hanno dato man forte, si chiedessero: erano contenti i sammarinesi di quel tipo di giustizia?

Perché Libera e RF si sono sempre accanite così tanto su ogni riforma portata avanti da questo governo? Forse perché questo governo toglieva le mani della politica da chi le allungava sul tribunale?

La riforma appena approvata, mette il punto zero rispetto al passato, disegna un nuovo equilibrio istituzionale, stabilisce autonomia e indipendenza per l’organo di autogoverno del tribunale, mette le basi per l’esercizio della correttezza e della professionalità; individua i livelli di incompatibilità, responsabilità civile, doveri dei magistrati e responsabilità disciplinare. Quattro i crescenti livelli di sanzione: l’ammonimento, la censura, la sospensione dalla retribuzione e la destituzione, nei casi più gravi.

Spesso non si riflette sul fatto che la certezza del diritto e una buona operatività del tribunale sono le basi per la ripresa e lo sviluppo. Nessuno viene ad investire in un paese dove la giustizia non funziona, dove i giudici si fanno la guerra tra loro.

In conclusione è successo che, con questa riforma, la politica esce dagli organismi che governavano la giustizia e l’opposizione esce dall’aula per non votarla. Gli effetti li vedremo.

a/f