San Marino. La riforma IGR e il rischio di spremere un limone già secco … di Enrico Lazzari

San Marino, terra di torri e promesse fiscali, ci prova ancora: la riforma dell’Imposta Generale sui Redditi (IGR) è sulla rampa di lancio e il Segretario di Stato alle Finanze, Marco Gatti (Pdcs), ci rassicura che non sarà “lacrime e sangue”. Che sollievo, vero? Peccato che, in un Paese dove l’inflazione ha già strizzato tutti come limoni e il caro energia ha fatto lievitare bollette e disperazione, anche solo pensare di aumentare la pressione fiscale appare rassicurante come il saloon che espone in bella vista il cartello “non sparare sul pianista”. La Segreteria di Stato giura che l’obiettivo è un fisco “equo, trasparente, stabile”, ma il diavolo sta nei dettagli… E i dettagli, caro Segretario di Stato Gatti, rischiano di mandare in tilt un’economia che non vive già oggi il suo momento di massimo splendore e trend.

Enrico Lazzari

Non fraintendetemi: una riforma fiscale dopo dodici anni ci vuole, eccome. L’IGR, introdotta nel 1984 e rivista nel 2013, è un dinosauro che fatica a stare al passo con un mondo che corre. Il comunicato di ieri parla di “riequilibrio strutturale” e “recupero di basi imponibili”, specie sui redditi esteri prodotti qui. Tradotto: si vuol far pagare chi finora ha fatto il furbo! E ciò è sacrosanto. Ma c’è un problema grande come una torre: se per “equità” si intende alzare le tasse ai redditi medi e non abbassarle ai redditi più bassi, in un momento come questo, si rischia di fare un buco nell’acqua  e mettere a dura prova l’economia sammarinese. L’inflazione, che nel 2022-2023 ha toccato il 7-8% secondo il Fondo Monetario Internazionale, ha già mangiato i risparmi dei cittadini. Il caro energia ha fatto schizzare i costi per le imprese, con bollette che, seppure più “umane” di quelle dei vicini italiani, sembrano bollettini di guerra. E i consumi? Sono in apnea, con le famiglie che tirano la cinghia e le attività commerciali che contano i clienti come fossero unicorni. (leggi qui)

Mettiamola in termini economici, visto che la teoria non mente. Un aumento della pressione fiscale, come insegna Keynes, riduce il reddito disponibile delle famiglie, che quindi spendono meno. Meno consumi, meno incassi per le imprese; meno incassi, meno investimenti e posti di lavoro. È una spirale che gli economisti chiamano “contrazione della domanda aggregata”, ovvero una sorta di “serpente che si morde la coda”, ma qui a San Marino la possiamo chiamare “chiusura del negozio sotto casa”. Le piccole e medie imprese, che sono il 90% del tessuto produttivo sammarinese, già faticano a competere con l’Italia, dove la burocrazia è un mostro ma gli incentivi fiscali piovono come manna. Se gli si alzano le tasse ora, non solo non si incassa di più in termini di gettito fiscale – perché le aziende chiuderanno o scapperanno – ma si rischia di distruggere anche il tessuto sociale, nonché i bilanci della previdenza sociale: meno occupati, famiglie in difficoltà, giovani che emigrano… e quel senso di comunità che è l’orgoglio del Titano che va in frantumi.

Non lo dico io, lo dicono i numeri. l’FMI, nel suo rapporto 2024, avverte che San Marino deve consolidare il bilancio senza soffocare la crescita. Il debito pubblico, al 91% del PIL nel 2023, è un macigno, ma la soluzione non è spremere i contribuenti. Redarre un bilancio non è come risolvere un problema matematico da 5a elementare… L’economia sammarinese, dopo il crollo del 2020 (-6,5%), è cresciuta solo dello 0,4% nel 2023 e per il 2025 si prevede un timidissimo +1,2%. Con un’inflazione che, pur calata al 2,5%, resta un peso. Perdipiù con il settore manifatturiero in rallentamento, alzare le tasse sarebbe come dare un calcio a un’auto in panne. Poi non dimentichiamo il sociale: un fisco più pesante colpirebbe i redditi bassi, quelli che già faticano a fare la spesa, allargando la forbice tra ricchi e poveri. (leggi qui)

Allora, cosa fare? La strada è chiara e non serve un genio per vederla. Primo: allargare la base imponibile senza toccare le aliquote verso l’alto, nessuna. Il comunicato parla di redditi esteri non tassati? Bene, si colpisca chi non paga ancora, non chi già paga. Secondo: incentivi, non bastonate. Le startup tech, come previsto dalla Legge 166/2013, hanno esenzioni al 50% per 5 anni, funzionano, attirano imprese, creano lavoro. E farebbero ancora di più con una San Marino Innovation che diventi propulsore e non freno a mano tirato come sembra essere. Estendiamoli, non tagliamoli. Terzo: semplificazione. La burocrazia fiscale è un labirinto da “dramma dell’assurdo”,  vi ricorda qualcosa? Snelliamola, magari con quella blockchain di cui parlavo qualche settimana fa (leggi qui). E infine: dialogo vero. Gatti promette incontri con le parti sociali, ma non bastano slide e strette di mano. Servono proposte che non facciano scappare gli imprenditori a Rimini o i cittadini a bestemmiare sottovoce.

San Marino non è una mucca da mungere, è un sistema fragile che vive di fiducia. La riforma IGR può essere una svolta, ma solo se evita la tentazione di alzare le tasse in un momento in cui il portafoglio piange e le bollette terrorizzano. Caro Gatti, non ci venda promesse di “equità” che sanno di salasso. La politica, che già ci ha regalato i disastri della “Cricca” e almeno 800 milioni di buco, si prenda la responsabilità di guardare lontano, non al bilancio di domani, ma a quello di prospettiva. Altrimenti, il futuro del Titano sarà un miraggio. E i sammarinesi resteranno a contare gli spicciolini nel portamonete, mentre il mondo scorrerà davanti. E no, quest’ultima non è una metafora: è un avvertimento.

Enrico Lazzari