San Marino. La soprano sammarinese Barbara Andreini, la signora del canto lirico. L’intervista di Angela Venturini

Una voce morbida e luminosa, ricca e piena, raffinata e matura, che riempie di bellezza e di emozioni il concerto in calendario domenica scorsa per il cartellone teatrale sammarinese. Applausi a scena aperta per la soprano di Acquaviva, che nella sua lunga carriera ha calcato i teatri anche di oltre oceano. Una passione per la musica lirica probabilmente iscritta addirittura nel suo DNA. Aveva ancora pochi mesi di vita, Barbara Andreini, quando la madre la metteva seduta su una coperta, in mezzo ai cuscini, mentre sul giradischi suonava la Sinfonia n. 40 di Mozart e quando finiva, subito doveva farla suonare da capo, perché altrimenti erano capricci e urla. 

Fotografo Augusto Betiula

Quando ha cominciato a cantare? 

Da quando ho memoria, ho sempre cantato. Volle il caso che negli spettacolini dell’asilo, della scuola elementare e perfino della chiesa, io facevo sempre la Madonna, che cantava la ninna nanna a Gesù Bambino. Forse era il mio destino. Una strada già segnata, che in qualche modo si è poi delineata nel tempo. 

Perché il canto lirico? In fin dei conti non è un genere molto popolare, né molto conosciuto nelle famiglie delle nostre zone. 

In casa mia non si suonava musica lirica, ma ce n’era tanta di altro genere. I miei fratelli, che erano molto più grandi me, avevano uno di quegli stereo che si usavano in quel tempo e il sabato sera organizzavano una sorta di karaoke, in casa, con i loro amici. Mentre facevo le elementari, nacque la manifestazione “Voci nuove del Titano”. Mi segnalò la signora Licia, che era la mia maestra e vinsi il mio primo concorso. Poi sono arrivati i “Cantagiri” romagnoli, d’estate. Cantavo d’istinto, senza nessuna scuola, ma sentendo gli altri ragazzi mi convinsi a cominciare a studiare. Lo feci con Romolo Castiglioni, a Rimini, ed è lì che imparai a conoscere la musica lirica. 

Qual è la sua prima opera cantata a teatro? 

La prima che mi fece ascoltare Castiglioni: “La cavalleria rusticana”. È con questa opera che ho fatto la mia prima tournée in America, 25 rappresentazioni, dalla Florida al Colorado. 

Foto Augusto Betiula

E come arrivò alla Tebaldi?

Anche questo è stato un caso, o il destino. Facevo dei concerti in zona e un membro dell’associazione sammarinese “Amici della musica” mi chiese se fossi interessata a fare un’audizione con la Tebaldi. Come potevo dire di no? Ancora per caso, prima di incontrarla, conobbi Valentino Bertinotti, la persona che le fece conoscere San Marino. La Tebaldi mi diede appuntamento nella sede degli Amici del Loggione del Teatro alla Scala per il 2 gennaio del 1989. Ci andai con totale incoscienza da parte mia, che la conoscevo di fama, ma non nella pienezza della sua umanità e della sua empatia. Mi prese bene. Mi disse: questa estate sono a San Marino, se vuoi posso darti dei consigli. Non le piaceva fare lezione, perché molte delle cose che lei faceva, mi disse che non avrebbe saputo spiegarle. Ci incontravamo tutte le settimane, nelle sale della Corale, a Borgo. In quel palazzo che oggi è in perenne restauro. Venivano molte persone ad assistere, perché ascoltare la Tebaldi era un privilegio unico. 

Quando ha cominciato a fare i concorsi?

Subito l’anno successivo. Il primo è stato a Castelfranco Veneto, nella sezione under 20. Non ci speravo nemmeno, invece vinsi il premio per i giovani talenti, che in sei anni non avevano mai assegnato. Mi diedero un milione di lire. Pagai le vacanze a tutta la mia famiglia.  L’anno dopo, feci il concorso Giuseppe Verdi, a Parma, al teatro Regio. In quel caso non assegnarono il primo premio e io vinsi il secondo, oltre al premio come più giovane finalista. Da lì partii per una lunga serie di concerti e di festival. 

Come vede la situazione musicale a San Marino?

C’è un grandissimo interesse per la musica. Se pensiamo alla concentrazione di abitanti e alla realtà dell’Istituto Musicale, che ha molte centinaia di iscritti, è davvero una cosa quasi incredibile. E noi, come Associazione il Melograno, siamo la seconda realtà. Purtroppo, non si riesce a pensare alla musica come a una professione, la si percepisce ancora come un hobby. Forse è per questo che, spesso, c’è poca professionalità. 

Foto Augusto Betiula

Parliamo di questa Associazione il Melograno, cosa fa esattamente?

È nata molto prima di me, per raggruppare diverse realtà culturali. Nel 1999 diede vita anche ad una scuola di musica e mi chiesero di insegnare canto. Da principio ho titubato, perché, come mi diceva la Tebaldi, noi cantanti usiamo uno strumento che non si vede. Bisogna imparare a sentirlo, attraverso gli ingranaggi del corpo. Comunque ho provato, e ho capito che avrebbe potuto essere un’altra strada importante per me. 

In che rapporto siete con le altre istituzioni musicali?

In grande e positiva collaborazione. Tra l’altro sono stata anche presidente della Consulta delle associazioni. C’è spazio per tutti. 

La Fondazione Tebaldi, di cui lei è la responsabile del coordinamento artistico, era partita con un exploit incredibile, poi ha avuto un calo, adesso sembra essere ripartita. Com’è la situazione del Concorso, per cui la Fondazione era diventata così famosa?

Il calo è dovuto al venir meno dei finanziamenti e poi al Covid, che ha fermato tutte le manifestazioni artistiche. Spesso non si capisce che la cultura è un volano di crescita e di sviluppo, anche dal punto di vista turistico, ma ha bisogno di supporto e di investimenti. Abbiamo dovuto imparare a fare le nozze coi fichi secchi. Così adesso ci danno solo i fichi secchi. 

Quindi, come andate avanti?

Molti pensano che la lirica sia una cultura di nicchia; invece, è un settore che porta la cultura italiana nel mondo. Oltre tutto, abbiamo avuto la fortuna che una delle più grandi artiste italiane, ci ha scelto. Ancora oggi è una star internazionale. La Fondazione Tebaldi ha raccolto la sua eredità morale. Noi siamo entrati in questo circuito e abbiamo tentato di posizionare il concorso a livelli “alti”. Ci siamo riusciti nonostante le mille difficoltà, rimboccandoci le maniche e introducendo quelle innovazioni che ancora oggi sfornano talenti, cioè artisti che poi diventano famosi a livello internazionale. Dal punto di vista dei finanziamenti, è stato riconosciuto come ente culturale, quindi con la possibilità di accesso all’art bonus. In sostanza, le donazioni private fatte al Concorso Tebaldi possono godere di un privilegio fiscale. In più abbiamo il supporto dell’Ambasciatore d’Italia, che ci sta dando una grossa mano. Fuori di qui, il Concorso ha un’eco formidabile, che ci porta anche importanti relazioni internazionali. 

In ogni caso, lei non si è fermata solo alla lirica. Il primo amore non si scorda mai?

In qualche modo è così, la musica leggera è stato il mio primo amore e oggi faccio concerti anche con tre mie allieve in un quartetto che abbiamo battezzato “Citrosodine”. Facciamo musica anni ’60 – ’70 – ’80 e ne siamo molto felici. 

Per il suo futuro, cosa chiede? 

Spero sempre di continuare a cantare, perché non si finisce mai di cambiare e di crescere, ma soprattutto di stare bene. La musica è vita e mi auguro di cantare finché avrò fiato. 

Angela Venturini