Il processo noto come “procedimento Buriani/Celli” ha visto concludersi nei giorni scorsi l’iter giudiziario di primo grado. Ora probabilmente vi saranno ricorsi in appello e vedremo bene che cosa succederà alla fine. Sta di fatto che in primo grado, apprendo dalla stampa, il processo si è concluso con condanne di 4 anni di reclusione per il Commissario della Legge Alberto Buriani e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e un anno di reclusione per l’ex Segretario di Stato Simone Celli. Inoltre, una parte delle imputazioni a carico del Commissario Buriani, se ho ben capito, sarebbero cadute in prescrizione e quindi, sarebbero state esentate da pene.
Questo fatto però, non può di certo cancellare la gravità degli accadimenti che hanno fatto scattare le imputazioni di abuso di autorità e falso ideologico, tentata concussione e falsa testimonianza.
A questo punto la memoria mi riporta al momento in cui tutto ebbe inizio: era qualche tempo prima delle elezioni politiche generali del 2012. Partiva da una parte del Tribunale una grande operazione tesa a scoperchiare la pentola. Aveva preso il via un processo mediatico e il clima era da caccia alle streghe, perché anziché ricercare la sacrosanta verità sulle singole responsabilità penali di questo o quel politico, si voleva fare di tutta l’erba un fascio e cogliere l’occasione per spazzare via una intera classe politica, senza distinzioni tra onesti e disonesti, perché così sarebbe stato evidentemente più facile impadronirsi del sistema.
Dico ciò con cognizione di causa perché io stesso sono stato oggetto di un tentativo di coinvolgermi nelle vicende della tangentopoli sammarinese, ma con scarso successo perché a San Marino, dove tutti ci conosciamo, è difficile che un tizio venuto da Bologna possa far credere ciò che non è. Infatti, tutto si spense, nonostante il sottoscritto chiese pubblicamente di essere sentito in Tribunale dal titolare dell’indagine, al quale preannunciai che mi sarei presentato con decine di atti e non con chiacchiere di circostanza di cui tutti ne abbiamo piene le tasche. Ovviamente non fui chiamato. Di questi fatti comunque, mi riservo di parlarne dettagliatamente, se necessario, in altra circostanza..
Che cosa stesse bollendo in pentola lo abbiamo capito un po’ tutti dopo la conclusione udei lavori della Commissione Consiliare d’Inchiesta, la cui relazione è stata votata all’unanimità dal Consiglio Grande e Generale, e ha sancito la presenza a San Marino di una combricola, composta da imprenditori, politici e giudici che si era messa in testa di poter fare, a San Marino, il bello e il cattivo tempo.
Questo disegno intanto veniva agevolato dai rivoluzionari da strapazzo; dai giovani leoni della politica che non avrebbero mai avuto occasione di sostituirsi ai “vecchi”, per manifesta inferiorità (anche questo lo abbiamo capito dopo, una volta visti all’opera); da opportunisti “poltronari” di professione e nessuno ha avuto il coraggio di dire che, come in tutte le epoche vi sono stati politici onesti e politici disonesti, proprio come oggi, dopo la “rivoluzione”, che piaccia o non piaccia.
L’obiettivo di screditare una intera classe politica è stato ottenuto alla grande, immagino con massima soddisfazione delle menti raffinate che stavano in vetta alla “cricca”, ma il Paese ha pagato un trauma ed un prezzo veramente troppo alto. Gli effetti dell’aver fatto di tutta l’erba un fascio sono stati davvero devastanti per i Paese e non sarà facile venire fuori dalle secche in cui San Marino è piombato. Ed allora, oggi, nel vedere lo spettacolo deprimente di un giudice, falso moralizzatore, che viene condannato in primo grado a quattro anni di reclusione, come sammarinese e come ex Segretario di Stato per la Giustizia, mi fa letteralmente cadere le braccia per terra.
L’unico insegnamento che tutti noi possiamo ricavare da questa brutta, bruttissima storia, è che non ci dobbiamo più fidare dei pifferai magici; dei predicatori prezzolati; dei finti profeti.
Che la lezione serva a tutti!
Augusto Casali