In effetti, da anni, il Paese sembrava assuefatto al cloroformio sparso da vari governi succedutisi a San Marino negli ultimi 12/13 anni sulla questione Europa e Accordo di Associazione. D’altronde non poteva essere diversamente visto che, già antecedentemente al 2012, l’allora Alleanza Popolare mostrava molto interesse verso l’Unione Europea. Poi, dal 2012, si sono alternati responsabili della politica estera democristiani e rappresentanti di Alleanza Popolare, ora Repubblica Futura.

Nel Governo a guida democristiana durato fino al 2016, si è assistito ad una modificazione sostanziale della posizione della DC, che nel referendum per l’ingresso nell’Unione Europea si era schierata apertamente contro.Infatti, quel Referendum non raggiunse il quorum necessario. Successivamente, qualche tempo dopo, si cominciò a perseguire l’Accordo di Associazione all’U.E.
Nelle Elezioni del 2016 quel Governo non fu riconfermato e la responsabilità degli Affari Esteri tornò in mano ad un rappresentante di area A.P., il quale riprese il discorso esattamente da dove si era interrotto, ma nelle elezioni del 2016 la DC riprese il governo e sostituì Repubblica Futura con RETE, la quale all’inizio era molto prudente sul tema Europa, ma poi ha ceduto, come su tante altre cose, ai desiderata del maggior alleato, con il quale, sbagliando, credeva di aver stipulato un patto di ferro.
Arriviamo così ai giorni nostri e si spiega perché quasi tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione,oggi, in Consiglio Grande e Generale, si ritrovano unitisull’Accordo: tutti sono stati coinvolti e compartecipi. Qualcuno sicuramente perché ci crede, e mi tolgo tanto di cappello, altri di certo ci credono meno, ma hanno sempre taciuto, perché, anche per ragioni di consistenza numerica, hanno dovuto privilegiare l’equilibrismo necessario per avere almeno qualche “strapuntino” nella corriera del Governo; Altri ancora si staranno mangiando le mani per aver permesso di andare avanti senza mai porre i legittimi dubbi che sono stati al massimo solo sussurrati.
Chi già da qualche anno manifestava la necessità che l’ultima parola dovesse comunque spettare al popolo era di certo il Partito di cui mi onoro di fare parte, sempre snobbato, ovviamente. Poi, anche all’interno della maggioranza, sono emerse le posizioni di Motus Liberi e poi dei rappresentanti di Demos. Ma non era sufficiente per la maggioranza per aprire un confronto.
Anzi, i sammarinesi hanno dovuto assistere ad una chiusura a riccio da parte del responsabile della politica estera. Tutto riservato, e in taluni casi segretato, nessuno sforzo minimo da parte del Governo per spiegare in termini accessibili a tutti i costi e i benefici di questa operazione. Tutto ciò fino a quando un quotidiano online ha cominciato a prendere di petto l’argomento, studiandolo, informandosi e svolgendo una vera inchiesta giornalistica, aprendo con la popolazione un dialogo informativo che avrebbero dovuto sostenere le istituzioni sammarinesi, ma che è mancato totalmente.
I cittadini hanno cominciato a manifestare interesse ed ora i sammarinesi parlano un po’ ovunque dell’Accordo di Associazione. Addirittura, sono giunte tre richieste di referendum, una già depositata e altre due che non tarderanno ad arrivare. Ecco che allora dai piani alti parte il passa parola: il Referendum su accordi internazionali non si può fare.
Allora è bene fare un po’ di chiarezza. Non sono certo un giurista, ma da quel che ho capito, non si può fare il Referendum Abrogativo di accordi internazionali vigenti e già ratificati dal Consiglio Grande e Generale, ma allo stato delle cose non esiste nessun accordo di Associazione all’U.E., esiste semplicemente un negoziato che si è concluso nel dicembre 2023, il quale, prima di divenire Accordo internazionale deve essere ratificato dall’Organo legislativo. Quindi, allo stato attuale delle cose non mi pare ci possano essere ostacoli a praticare la democrazia diretta attraverso l’indizione di un Referendum.
In fin dei conti si tratta di applicare la Carta dei Diritti della Repubblica di San Marino, che stabilisce che la sovranità del nostro Paese sta nel popolo. Ora, non si capisce perché talune forze politiche che si definiscono democratiche, ma forse sarebbe meglio dire taluni personaggi politici che si definiscono democratici, siano così spaventati di fronte alla possibilità che i cittadini possano esprimersi e vogliono, in poche decine, anche se Consiglieri, prendere decisioni così importanti per tutti.
D’altronde, mi pare che la materia sia davvero pregnante per il futuro del nostro Paese e delle giovani generazioni in particolare, in quanto non si tratta di un accordo specifico o di settore, come ne sono stati sottoscritti tanti anche con l’U.E., ma bensì di un accordo complessivo che impone migliaia di direttive e, inevitabilmente, mutilerà la sovranità di San Marino, schiacciata dal reticolo dell’Aquis comunitario. Insomma, il rischio è di diventare una noce nel sacco.
Quindi di ragioni ce ne sono per giustificare il ricorso al Referendum ed è giusto che, di fronte a questa scelta così determinante per la nostra Repubblica, sia la maggioranza degli aventi diritto al voto che, senza pressioni e senza condizionamenti, possa esercitare la propria libertà democraticamente.
Certo è che il Referendum, più o meno inaspettato, costituisce l’elemento che spariglia le carte in tavola e sottrae ai pochi che anno fatto e disfatto in questi anni, pensando di concludere trionfalmente la cavalcata europea, il timone della nave. Ora si ridacchia un po’ meno nei piani alti. Sì, perché ormai è chiaro che nel Paese, nei confronti dell’Accordo di Associazione all’U.E., non c’è proprio per niente il semi–unanimismo ostentato da un Consiglio Grande e Generale ormai standardizzato, ingrigito e indifferenziato, che pare avere perso abbondantemente il contatto con il Paese reale, occupato, così com’è, a rimpiangere, o a mantenere, o a raggiungere un posticino nel prossimo Governo.