San Marino. L’avvincente “match” Pedini Vs Renzi evidenzia un problema: l’immunità consigliare è uno scudo per le opinioni o un’oasi di impunità per sferrare coltellate? … di Enrico Lazzari

San Marino, terra di torri, libertà e silenzi che pesano come macigni… Ma che, in certe sedi, suonerebbero più consoni di fragorose sparate. Come nel Consiglio Grande e Generale, a tratti regredito ad Asilo Grande e Generale, dove le parole dovrebbero essere oro, ma troppo spesso diventano proiettili sparati a cuor leggero. L’ultima sessione è stata un esempio perfetto: Nicola Renzi Vs Federico Pedini Amati, su un “ring”, in un duello verbale per la “cintura” che ha trasformato l’Aula in un’arena di accuse buttate lì con veemenza ma senza un briciolo di supporto probatorio documentato. 

Enrico Lazzari

A sferrare il primo colpo è stato il capogruppo di Repubblica Futura, un montante destro che, però, sembra essersi infranto sull’attenta “guardia” del Segretario di Stato al Turismo, il quale non si è limitato a “parare”, ma ha contrattaccato immediatamente sferrando un diretto sinistro finito violentemente a bersaglio. Seguito, poi, da un gancio destro che ha “rintronato” l’avversario… “Vergognoso è lei”, Renzi, “che ha rubato a questo paese con la Cricca… Poi aspetteremo le indagini fino in fondo. Vediamo se lei c’entrava o non c’entrava, di quello che ha fatto la cricca quando eravate al governo voi”. Parole che non sono un semplice schiaffo, ma una denuncia scolpita in pubblico, davanti a un paese che ancora paga il conto di un disastro da 800 milioni di euro e di un debito pubblico a nove zeri determinato, almeno nei suoi due terzi, proprio dai disastri del decennio scorso, quando ai tempi del Governo AdessoSm, la “Cricca”, il “gruppo criminoso” – così definito dal Commissario inquirente Elisa Beccari nel rinvio a giudizio per associazione a delinquere – raggiunse il suo momento di massima penetrazione e forza.

Ma quel gancio non è stato il colpo del KO… Per avviare il conteggio – 10… 9… 8… 7… 6… – dell’arbitro ne è servito un altro: “E poi adesso vediamo, alla fine dei processi, chi parlava al telefono alle 11:00 di sera. Mi sembra ci sia scritto: coi vari giudici, coi vari Conforti…” 5… 4… 3… 2… 1… KO! E lì, se fosse stato un vero incontro di pugilato, l’Ecc.ma Reggenza sarebbe dovuta scendere dallo scranno reggenziale, avvicinarsi a al contendente ancora “in piedi” e alzargli il braccio al cielo. Ma per fortuna, un match di pugilato vero e proprio non è stato…

Come avrete capito, non stiamo parlando di un battibecco da bar, ma di un’accusa che richiama un’ombra lunga: quella “Cricca” – con la C maiuscola, come nei fascicoli giudiziari – che per anni ha intrecciato politica, finanza e tribunali in un gioco sporco di cui qualcuno ha scritto il copione, qualcuno ha firmato gli assegni, qualcuno ha chiuso – o non ha saputo tenere abbastanza aperti – gli occhi. E Pedini, con quel “vediamo se c’entrava”, non parla solo di Renzi: tira in ballo un’intera classe politica, quella del decennio scorso, al potere dagli arresti eccellenti “ordinati” dal giudice Buriani (oggi rinviato a giudizio con l’accusa di essere un sodale di quella “Cricca”) che hanno spazzato via tutti i “potenti”, alla caduta del governo AdessoSm.

Ma non è questo il tema che voglio portare all’attenzione oggi. Del resto, se è vero che – come scritto a più riprese in questi anni su queste stesse pagine elettroniche – pesanti ombre in termini di responsabilità politiche oscurano l’immagine di Repubblica Futura e dei suoi leader ai tempi di AdessoSm, è altrettanto vero che la massima sede della millenaria democrazia sammarinese merita ben altro che essere il teatro in cui riecheggiano accuse come “Pincopallo ha rubato una gallina”, senza che l’accusatore mostri una foto di Pincopallo con la poveretta sotto braccio.
In tal caso, cari sammarinesi, ci troviamo di fronte ad una opinione o ad una diffamazione? Il problema non è solo giuridico. È morale, prima ancora che istituzionale. L’ultima sessione consiliare è stata l’ennesimo teatrino di veleni, stavolta con due protagonisti: Nicola Renzi e Federico Pedini Amati. Il primo ha sfoderato l’ironia più anglosassone del suo repertorio, costruendo un monologo a colpi di 500, Parigi, Roubaix, Peppa Pig e spese di Stato che, a suo dire, sarebbero servite al Segretario al Turismo per scorrazzare a nostre spese. Una commedia brillante, degna di un varietà, se non fosse che la scena era quella della massima istituzione della Repubblica.

E la replica, questa volta, non è stata in sordina. Pedini ha risposto col coltello delle parole ben affilato, non con allusioni, ma con un’accusa precisa, grave, scolpita in una frase che ha gelato l’aula e il Paese: “Vergognoso è lei, che ha rubato a questo Paese con la cricca…” è il succo. Sono opinioni secondo voi? Secondo me no… E come tali non degne dell’immunità, al pari di quelle precedentemente espresse dal Capogruppo di Repubblica Futura.

Dichiarazioni, sia quelle di Pedini che quelle di Renzi, che non lasciano spazio al fraintendimento. Qui non si gioca più con le figurine. Qui si parla di rubare al Paese. E chi conosce, anche solo di riflesso, la storia recente di San Marino sa benissimo a cosa si riferiva Pedini: a quella costellazione di interessi trasversali, a mio parere palesemente sovversivi, che per anni ha operato nel cuore delle istituzioni e che ha bruciato, letteralmente, circa 800 milioni di euro pubblici. Quella che i magistrati hanno chiamato senza mezzi termini “associazione a delinquere”. 

Ma, al di là di questo, l’immunità consiliare è diventata la nuova zona franca dove si può sparare agli altri, ma restare al riparo quando le pallottole tornano indietro?

La verità è che questa legge sull’immunità parlamentare non è più adeguata. Va riformata. Subito. E con coraggio. Non si può più accettare che in Aula si possa dire tutto su tutti, senza uno straccio di responsabilità, salvo poi scendere le scale di Palazzo e lavarsi le mani come Ponzio Pilato. L’articolo 38 del Regolamento consiliare – quello che garantisce l’insindacabilità delle opinioni espresse in Aula – è sacrosanto, ma va delimitato: va stabilito che la libertà di parola non comprende le accuse personali prive di fondamento; va previsto che, in caso di affermazioni gravi e circostanziate, l’Aula stessa abbia il dovere di istituire una commissione di verifica o trasmettere gli atti alla magistratura.

Perché non è vero che in Aula tutto può essere permesso. Non lo è più, non può esserlo più. Chi ha la parola pubblica ha anche un dovere etico e morale: il rispetto della verità accertata o dimostrabile e della dignità dell’altro.

E a proposito di dovere pubblico, se è vero – come ha lasciato intendere Pedini e come da anni, il direttore Marco Severini in testa, ci si scortichiamo le dita sulla tastiera per dimostrarlo – che ci sono complicità politiche dietro il disastro finanziario della scorsa legislatura, allora non c’è più tempo da perdere: serve una commissione parlamentare d’inchiesta. Una vera. Che interroghi, ascolti, analizzi. Che chieda conto a tutti, compresi quelli che oggi fanno la morale ma ieri si accomodavano nei salotti buoni del potere, parlavano con giudici oggi indagati, e sono stati citati, nero su bianco, nei fascicoli giudiziari dei processi contro la “Cricca”, se non già condannati in due gradi di giudizio.

La riforma dell’immunità è necessaria, indispensabile e urgente, ma da sola non basta per ridare autorevolezza alla politica. Bisogna scrostare la vernice dell’omertà istituzionale e guardare dentro il Palazzo con grande serietà, onestà e attenzione. La politica ha il dovere di parlare. Ma ha anche il dovere di approfondire, svelare e spiegare al Paese, quando le parole toccano il cuore nero del malaffare.

Chi ha paura, taccia. Chi ha la coscienza pulita e sa, parli.

Se chi ha lanciato gravi accuse ha il dovere di dimostrarle nelle sedi competenti, chi è stato chiamato in causa direttamente, ha il dovere di chiarire. E non dentro un’Aula dove nessuno può toccarlo, ma davanti ad un giudice o, meglio, visto che qui, su queste pagine, si è sempre parlato di responsabilità politiche e non di eventuali reati penali – quelli tocca a Magistratura accertarli e perseguirli -, di fronte ad una commissione di inchiesta che, specie dopo il “match” di un paio di giorni fa, il Consiglio Grande e Generale non può più esimersi dall’istituire.

Enrico Lazzari

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