Mi ha ferito quel video, ormai diffuso in tutto il mondo, dove il mafioso Matteo Messina Denaro veniva arrestato e portato via a braccetto da due carabinieri senza le manette.
Lo ammetto: da profondo garantista mi sono stupito di tale pensiero.
Viene arrestato un latitante da 30 anni, condannato per le stragi di mafia del 1992 costate la vita a Falcone e Borsellino e per gli attentati del 1993, e quello su cui rimugino, ciò su cui i miei occhi indugiano, è l’assenza dei ferri ai polsi.
Ho cercato allora di chiedermi il perché.
Associo immediatamente il nome di Messina Denaro anche al feroce omicidio di Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a 15 anni, come ritorsione nei confronti del padre, ex mafioso diventato collaboratore di giustizia dopo il suo arresto nel 1993.
Non posso provare la minima empatia per un infame che è riuscito a commettere un delitto talmente abominevole nei modi, che nel momento stesso in cui ne scrivo vengono le lacrime agli occhi.
Non comprendo allora per quale motivo ad un simile efferato criminale possa essere concesso quasi l’onore delle armi.
Nonostante non sia deontologicamente corretto – non lo è neppure umanamente dal mio punto di vista – si assiste spesso a personaggi arrestati, colti dalle telecamere o dalle foto con le manette. Gente che sicuramente, per quanto meritevole di finire in carcere, non ha compiuto neanche un millesimo delle malvagità di Messina Denaro.
Eppure in parecchi sono stati immortalati nel momento in cui erano più vulnerabili, con lo stigma, l’umiliazione, quel segno tangibile che li marchierà a vita, anche se magari un giorno il Tribunale dovesse riabilitarli, affermandone la loro innocenza.
No. Non mi basta vedere quel mezzo uomo invecchiato e smagrito. Ridicolizzato, infreddolito, vulnerabile e debole, dentro al suo giaccone di pelle e berretto di lana, quasi a nasconderne il viso sciupato e la vergogna. Capitolato e incapace di incutere più timore alcuno.
No. Questo personaggio all’apparenza così banale, e che dunque incarna perfettamente il male, non merita alcuna pietà.
Non mi si fraintenda. Non voglio scomodare certamente per Messina Denaro un sentimento tanto alto.
La pietas romana era un perno dei rapporti tra gli uomini e nella relazione con il divino. La pietas umana invece rappresenta la comprensione per l’altro, la capacità di allungare lo sguardo e guardare dentro chi ci sta vicino.
Ebbene ciò che provo per questo assassino è semplicemente indignazione per la palese ingiustizia.
Ci ha privato di due Uomini come Falcone e Borsellino e la sua cattura arriva troppo tardi, a decenni di distanza, quando ormai è a un passo dalla fine.
Ma sono certo, certissimo, che quando arriverà il momento di lasciare questo mondo, non avrà l’onore e il privilegio di incontrare i due Giudici.
Se c’è un Dio non permetterà l’ennesimo sfregio.
David Oddone
(La Serenissima)
*Nella foto di copertina David Oddone assieme a Piero Grasso, ex pm a Palermo, ex procuratore della stessa città, e poi procuratore nazionale Antimafia, prima di diventare senatore e presidente dello stesso Senato