Tra le molte promesse e rassicurazioni che accompagnano il dibattito sull’Accordo di Associazione con l’Unione Europea, c’è un tema che continua a essere evitato o ridotto a poche righe, nonostante il suo potenziale impatto sistemico: quello della mobilità individuale e dei possibili scenari migratori futuri.
I sostenitori dell’Accordo enfatizzano spesso i vantaggi che questo porterà in termini di libertà di circolazione per i cittadini sammarinesi. Ma qui occorre un chiarimento: tale libertà esiste già oggi. I sammarinesi possono infatti viaggiare, lavorare e studiare all’interno dell’Unione Europea grazie a storici accordi bilaterali con l’Italia e con altri Stati membri, che hanno sempre riconosciuto lo status particolare della Repubblica. Nessun visto, nessun permesso speciale, nessuna barriera reale. E tutto ciò pur non essendo San Marino parte dello spazio Schengen.
L’Accordo di Associazione, da questo punto di vista, non introduce alcun salto qualitativo. È quindi fuorviante sostenere che rappresenti un progresso epocale in termini di mobilità individuale: la situazione resterà sostanzialmente invariata per i sammarinesi.
Al contrario il cambiamento vero, e potenzialmente destabilizzante, potrebbe riguardare l’ingresso di cittadini stranieri nel nostro Paese. Attualmente San Marino mantiene un regime di contingentamento per i cittadini dell’Unione Europea che desiderino stabilirsi sul Titano. Esiste una deroga che consente alla Repubblica di limitarel’afflusso, sia per motivi di sostenibilità demografica che per la tutela del mercato del lavoro interno. Ma,ed è questo il punto critico, una deroga è, per definizione, temporanea e revocabile.
Nulla garantisce che, in futuro, questa tutela possa essere mantenuta. L’armonizzazione normativa con l’UE, la pressione politica di Bruxelles o semplicemente l’evoluzione dei rapporti multilaterali potrebbero portare a una graduale apertura delle frontiere sammarinesi, con l’obbligo di accogliere un numero indefinito di cittadini europei.
E non solo, il rischio più serio riguarda la possibile inclusione di San Marino nei programmi europei di redistribuzione dei migranti extracomunitari, in nome della “solidarietà” o della “convergenza normativa”. Finora San Marino non ha mai partecipato a nessun meccanismo europeo di accoglienza obbligatoria. Ma l’Accordo, pur senza prevederlo espressamente oggi, potrebbe spianare la strada a un cambiamento profondo della nostra sovranità in materia migratoria.
Ad oggi nessun promotore dell’Accordo è stato in grado di fornire rassicurazioni solide e durature su questo fronte. Non esiste un vincolo giuridico eterno che impedisca a Bruxelles di chiedere a San Marino di allinearsi ai meccanismi di accoglienza dei migranti, magari in cambio di benefici economici o normativi. E non esiste neppure un atto che escluda, in modo permanente, la revoca della deroga attuale sul contingentamento degli ingressi dall’UE.
Quindi se è vero che oggi nulla cambierà nel brevissimo termine, è altrettanto vero che il pericolo di una deriva incontrollata sul fronte migratorio è tutt’altro che remoto. Parlare di garanzie è quindi fuorviante. Più onesto sarebbe parlare di rischi futuri, sui quali chi promuove l’accordo ha il dovere di informare i cittadini.
Perché quando il meccanismo sarà innescato, quando l’effetto domino comincerà a travolgere equilibri e certezze, sarà troppo tardi per fermarlo. E allora, l’amara constatazione “Ve l’avevamo detto” non servirà a nulla. Ma davvero vale la pena stravolgere un equilibrio che funziona, una qualità della vita che tanti ci invidiano, solo per inseguire gli interessi di pochi potentati economici? A San Marino si vive bene proprio perché non siamo un’emanazione dell’Unione Europea, con tutte le sue contraddizioni e i suoi automatismi burocratici.
Rischiare la nostra autonomia e unicità per compiacere qualche proprietario multimilionario di aziende è un errore strategico, sociale e culturale. Questo accordo, così com’è, è un passo falso. Fermatevi prima che sia irreparabile.
Marco Severini – direttore GiornaleSM