San Marino. Manca l’acqua, cosa aspettiamo per realizzare l’invaso di Gorgascura? … di Angela Venturini

Come sempre, si chiude la stalla quando i buoi sono fuggiti. Sembra questo il senso dell’ordinanza AASS contro ogni uso dell’acqua che non sia quello strettamente domestico a causa dell’emergenza idrica. Dopo un inverno totalmente privo di precipitazioni nevose e un’estate con temperature record, si pensava forse che non fosse necessario prendere qualche misura di contenimento dei consumi? Il Marecchia, che un tempo ormai lontano era navigabile, è quasi irriconoscibile: sembra poco più di un torrentello. Il Conca ha la stessa sorte, quando un tempo le zone ad esso limitrofe erano un’immensa palude. 

Non ci sono più le stagioni di una volta: quello che era un luogo comune trito e ritrito, è diventata un’amara realtà, ma ancora non ci rendiamo conto e continuiamo a consumare le risorse naturali come se fossero infinite. Così, ormai a fine estate, ci troviamo a dover risparmiare l’acqua. 

Ormai le strade obbligate sono due. Innanzi tutto bisogna fare consumi consapevoli, il che vuol dire una rivoluzione concettuale basata sulla eliminazione degli sprechi, riduzione delle fonti inquinanti e dell’uso della plastica. Lo dicono tutti e tutti sono d’accordo, ma i comportamenti non cambiano. 

L’altro passaggio obbligato è realizzare l’autonomia energetica del nostro Paese, per quanto sia possibile, cominciando appunto dall’acqua. Che compriamo fuori e sempre a caro prezzo. 

I recenti studi idrogeologici hanno dimostrato che il territorio del Titano non è così scarso di acqua, come si credeva un tempo, ci sono molte fonti sotterranee che potrebbero validamente essere valorizzate e usate. A cominciare da Gorgascura, come ha spiegato qualche tempo fa il geologo Fabio Pedini. 

“Per quanto mi compete professionalmente e dalla mia esperienza personale – aveva dichiarato – senza dilungarmi in analisi tecniche e storiche dei progetti e degli studi pregressi, l’unica e l’ultima possibilità che abbiamo come sammarinesi di poter realizzare un bacino-invaso di ritenuta delle acque del torrente San Marino, con costi accettabili valutabili tra i 10/15 milioni di euro attuali, della capacità di circa 3.000.000 di metri cubi cioè pari al consumo medio annuale o quasi, questa capacità di invaso viene garantita, alimentata e rinnovata annualmente dall’apporto delle acque superficiali corrive del torrente che ricopre, alla sezione di Gorgascura, un’area di bacino di circa 16 chilometri quadrati. Ogni anno su questo bacino imbrifero si verificano precipitazioni medie sull’ordine dei 10/12 milioni di metri cubi d’acqua, per cui il rinnovo e la ricarica idrica del bacino vengono garantiti dalle precipitazioni medie annuali. Problemi di interramento a tutt’oggi sono molto remoti, dopo che da oltre quarant’anni vengono regolarmente realizzate opere di bonifica calanchiva e dei fossi, ne è prova l’alto rinverdimento e rimboscamento di tutti il bacino da Monte San Paolo alla valle Sant’Anastasio, a Chiesanuova e Montemaggio”.

Pedini sa perfettamente che il progetto di Gorgascura era stato presentato per la prima volta addirittura agli inizi del Novecento e poi riproposto più volte, nel totale scetticismo della politica. Che ha sempre qualcosa di più importante e di più urgente da fare. 

Ma la sua è stata una risposta tecnica, qualificata, non politica al direttore AASS Raoul Chiaruzzi, il quale aveva detto che ci sono problemi geologici significativi a Gorgascura e che il costo non avrebbe valso il beneficio. Insomma, che il gioco non vale la candela. Con questo bocciando ogni speranza di poter fare qualcosa in tempi auspicabilmente brevi. 

Eppure, l’invaso di Gorgascura è una delle poche cose che San Marino può fare per garantire un “diritto all’acqua” sempre più minacciato e sempre più costoso. I nostri nonni l’avevano capito da parecchio tempo. È ora che lo capisca anche la politica. È stato fatto un debito enorme per salvare le banche. È ora di fare debito per qualcosa di realmente utile, oppure, più opportunamente, di tagliare gli sprechi che purtroppo continuano ad affogare il nostro bilancio pubblico. 

Angela Venturini

 

 

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