San Marino. ‘Ndrangheta e Titano, dalla procura di Brescia 9 arresti. ???Transitati i fondi di alcune società a scadenza poi fatte fallire

Spunta nuovamente il nome di San Marino, tra alcuni traffici scoperti dal tribunale di Brescia e su cui non  si esclude l’ombra della ‘ndrangheta. Nove gli arresti in tutto per alcuni reati di evasione, riciclaggio e prestanome.

Una macchinazione generata attraverso la creazione di alcune società a scadenza, messe in piedi per far soldi e poi fatte fallire, dopo aver trasferito i fondi sul Titano e di qui portati all’estero.
Questa la ricostruzione della procura di Brescia che ha scoperto il raggiro dopo il fallimento di una società edile, la quale ha portato l’attenzione degli investigatori su alcuni personaggi noti per traffico di stupefacenti, sequestro di persona, riciclaggio e bancarotta fraudolenta. Le indagini hanno permesso di portare alla luce una ramificata struttura di otto aziende rappresentate da prestanome che avrebbero lavorato fino al 2009 anche per il metrò (una commessa da 150 mila euro) e il casello di Brescia centro (214 mila euro).

SONY DSCL’organizzazione, che per gli inquirenti teneva contatti con alcune cosche della ‘ndrangheta, è stata smantellata nei giorni scorsi grazie a un’operazione interforze del Nucleo investigativo dei Carabinieri, della squadra Mobile della Questura di Brescia e del Gico della guardia di Finanza. Nove ordinanze di custodia cautelare (sei in carcere e tre ai domiciliari) sono scattate dalla Procura e firmate dal gip .

Agli indagati è contestata, a vario titolo, l’associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, al riciclaggio e alla bancarotta, gravati da sequestri di 100 immobili tra abitazioni, autorimesse, terreni, magazzini e fabbricati, oltre a quote societarie, per un importo complessivo di 12 milioni di euro.

Secondo gli investigatori il reato si basava sulla creazione di società a tempo determinato, con rappresentanti prestanome nullatenenti, preferibilmente polacchi, che assumevano regolarmente centinaia di operai e muratori, ma senza pagare i contributi previdenziali. Una volta ottenuto l’appalto di grandi opere attraverso una concorrenza sleale, alla scadenza fissata, prima ancora che potessero scattare accertamenti fiscali, i conti delle imprese edili venivano svuotati, i soldi trasferiti su assegni circolari che finivano su conti a San Marino e da qui, attraverso società fiduciarie con sede alle isola Cayman, su altri conti a Locarno, in Svizzera. (…) La Tribuna

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