La nostra Repubblica ha visto nei giorni scorsi la nascita del Comitato contrario al referendum sull’aborto, denominato UNO DI NOI.
Il Comitato si colloca nell’attuale contesto per affermare a gran voce che se il quesito referendario, così come formulato, dovesse essere accolto, di fatto non solo si otterrà la depenalizzazione dell’aborto, ma la legalizzazione dell’aborto tout court, sempre ed in qualunque circostanza.
Sì, perché la realtà è che la formulazione del quesito referendario permette alla donna di abortire fino al giorno del parto naturale nel caso in cui vi sia un’anomalia nel feto che comporti grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna. Non v’è chi non veda come nel termine generico “anomalia”, per altro non scientifico e neppure aggettivato, vi si possa far rientrare qualsiasi cosa. Così come nella “salute psicologica” della donna.
Ai sensi del quesito referendario, la donna sembra poter decidere da sola quanto all’interruzione volontaria della gravidanza anche se è minorenne, nessun altro ha voce in capitolo neppure in una fase della vita in cui per tutto il resto, anche per decisioni di molto minor rilievo, occorre il consenso dei genitori, o del tutore, o del Giudice. Se il quesito referendario venisse accolto, i genitori della ragazza potrebbero benissimo non essere neppure informati della scelta operata dalla figlia di abortire. Ciò appare un fatto di estrema gravità!
Oggi, con le indagini ecografiche, si ha la certezza che il bimbo sia da subito un essere umano distinto dalla mamma. Alla sesta settimana si vede il suo cuoricino che batte. Inoltre, i progressi della neonatologia consentono al bimbo di sopravvivere anche se partorito a 23 settimane. Se il bimbo viene partorito a 23 settimane viene rianimato, assistito ed intubato. Inoltre, a 23 settimane il 50% dei neonati oggi sopravvive.
Queste sono evidenze che non si possono negare, come non si può negare che il bambino, anche se nel grembo della mamma, è un essere umano distinto dalla mamma dal momento del concepimento. Con diritti naturali che non si possono trascurare solo perché fa comodo non considerare il bimbo concepito come un essere umano, una persona.
San Marino tutela la vita e – come tutti i paesi che tutelano la vita del nascituro considerandolo una persona dal momento del concepimento – le sanzioni per la violazione del diritto alla vita del bimbo, sono di natura penale.
La possibilità per la donna di interrompere volontariamente la gravidanza in qualsiasi momento in caso di pericolo per la sua vita è già consentito nel nostro ordinamento. L’art. 42 del codice penale vigente (stato di necessità) prevede infatti la non punibilità di condotte poste in essere in ragione della necessità di salvare dalla morte o dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. E, dunque, il Giudice, sulla base della certificazione prodotta dal medico, autorizza l’aborto.
Quanto alle Sammarinesi che decidono di abortire in altri paesi, lo fanno per loro scelta e a loro spese. Non vi è dunque un’ipocrisia nell’ordinamento sammarinese, come vogliono lasciar intendere le sostenitrici del referendum, bensì una scelta deliberata di tutela della vita, dal primo all’ultimo giorno.
All’interno del territorio sammarinese l’interruzione volontaria di gravidanza è punita (fatta salva l’ipotesi di pericolo per la vita della madre) e dunque l’interruzione volontaria di gravidanza non si pratica, né autorizzata né clandestina.
Il nostro Paese, inoltre, come molti altri paesi occidentali, sta soffrendo il problema della denatalità. Il che significa che in pochi decenni si avranno serissimi problemi, da ogni punto di vista. La cultura della morte e dell’egoismo, che invita a guardare e pensare solo a sè stessi, sta producendo frutti velenosi per le società che si sono incamminate lungo questa strada.
La nostra comunità deve piuttosto impegnarsi affinché tutti vengano aiutati e sostenuti anche economicamente in maniera solida nella direzione di avere figli. Ciò che è stato fatto in altri paesi, dove si sono aiutate e sostenute le famiglie sul piano sia economico sia quanto a possibilità di accudire i figli, il Comitato auspica venga realizzato anche San Marino, apportando presto modifiche legislative efficaci in tal senso.
Nel caso di situazioni di maternità difficili, occorre che tutta la comunità, a partire dal padre, se ne faccia carico, per non lasciare la donna sola coi suoi problemi. Già vi sono realtà associative che si impegnano in questo, noi chiediamo alle Istituzioni di incrementare le forme di aiuto in tal senso.
Il Comitato UNO DI NOI ritiene infatti che occorra ragionare su strade alternative all’aborto, che aiutino in ogni modo la donna a portare avanti la gravidanza, salvaguardando al contempo la vita del bambino.
Comitato UNO DI NOI