Se non ci fosse Matteo Ciacci, bisognerebbe inventarlo. È lui che detta le linee di politica sanitaria, che anticipa le decisioni del governo italiano, che interpreta i bisogni e le aspettative della cittadinanza sammarinese, che suggerisce come contrastare il Covid e come organizzare l’ospedale. Cosa faremmo senza di lui?
La sua ultima intuizione riguarda i tamponi. In qualche maniera dà già per scontato che il governo non riuscirà a portare a casa nessun risultato riguardo all’estensione dell’esenzione del green pass per i sammarinesi, che il 15 ottobre saremo tutti tagliati fuori, che non arriverà mai il riconoscimento dello Sputnik da parte dell’Ema. Perciò Ciacci lancia la sua proposta: facciamo i tamponi ogni due giorni a tutti i sammarinesi, ma tutti gratis.
Il tampone, si sa, dà accesso al green pass italiano e così abbiamo superato tutti gli scogli, tutti i problemi, senza piegarci a chiedere la carità.
È un’idea, magari buona, ma abbastanza intempestiva e comunque complicatissima, non solo per i costi, quanto per le modalità organizzative. Decine di migliaia di sammarinesi in fila per il tampone non solo per andare all’Università o al lavoro, ma anche per andare al ristorante a Rimini, al cinema, a un concerto, a una partita di pallone.
Ciacci forse non ha letto l’ultima dichiarazione del Sottosegretario alla Salute Andrea Costa, pubblicata da tutti i giornali italiani, il quale ha annunciato: “Una circolare per riconoscere ai cittadini italiani, che si sono vaccinati all’estero con immunizzanti non autorizzati dall’Ema, di poter accedere al Green Pass”.
Ovviamente lui parla di cittadini italiani, ma in questa apertura c’è un immenso spazio di trattativa anche per i sammarinesi. Che sicuramente non è sfuggito al governo.
Del resto, le cose cambiano ormai quasi ogni giorno: sdoganata la terza dose, che è considerata fisiologica ad una fase di emergenza che si vuole terminare e che viene già somministrata ai soggetti immuno depressi; approvata la vaccinazione per i bambini dai 5 agli 11 anni in quanto la sperimentazione, ormai conclusa, ha portato risultati positivi, ma che comunque non è ancora cominciata; condiviso ormai unanimemente il concetto per cui l’emergenza pandemica deve essere superata sul piano politico e sul piano sanitario con provvedimenti appropriati.
Di qui le scelte sul green pass rafforzato che dovrà impedire la chiusura delle attività produttiva e di quelle ricreative inducendo governi e popolazioni ad arrivare quanto prima alla mitica “immunità di gregge”. Anche se ancora non è stato chiarito se la percentuale deve essere calcolata sui vaccinabili o su tutta la popolazione.
Ormai ridotti a una quota veramente minoritaria i no-vax italiani e sammarinesi, sconfitti dalla logica scientifica, dai dati ospedalieri (i nuovi contagi sono oltre il 90 per centro a carico dei non vaccinati) e dall’adesione in massa anche di coloro che finora avevano titubato.
Del resto, non si capisce perché la scelta di non vaccinarsi debba ricadere sulla collettività, nel senso che solo l’immunizzazione totale farà cadere tutte le restrizioni e si potrà tornare alla normalità. In quest’ottica trovano sempre meno fiancheggiatori anche coloro che si sono visti precludere l’accesso al lavoro per avere sposato la scelta no-vax. In primis gli operatori sanitari, che sono a contatto diretto con persone fragili, anziani e ammalati gravi.
Qualche focolaio di protesta c’è anche nelle scuole, ma ormai abbastanza isolato. Non che la gente non si lamenti, tutt’altro. L’esercizio della lamentazione è ormai da tempo lo sport nazionale perché ovviamente c’è sempre qualcosa che non va, che non funziona, che è sbagliato. E allora si punta il dito inquisitore sull’universo mondo invece di attivarsi per denunciare quel particolare episodio e fare in modo che non succeda più.
Non dobbiamo mai dimenticare cosa è successo e cosa abbiamo superato: in un anno e mezzo ci sono stati nel mondo circa 230 milioni di contagi e quasi 5 milioni di morti. Come una guerra. Peggio di una guerra, perché non c’erano conoscenze, né medicinali, né procedure per affrontare la peggiore pandemia da un secolo a questa parte. Ci sono ancora aspetti che la scienza non ha del tutto chiarito, ma la lezione l’abbiamo imparata: si può vincere anche la guerra più terribile con umiltà, accettazione, responsabilità, rispetto e solidarietà. Tutte armi che non costano niente!
a/f