San Marino. Processione per l’elezione dei Capi Reggenti. Perché continuare la farsa? ….di Domenico Gasperoni

Ieri sono eletti i nuovi Capitani Reggenti. Da ormai 70 anni è in vigore l’attuale sistema di elezione, che durava dal 1560. Era stato proposto dal Commissario Tortora ed approvato dal Duca d’Urbino.

Come tutti sanno, il rito si svolgeva in due momenti: in Consiglio si formavano le tre coppie di consiglieri e successivamente nella Pieve, un fanciullo bendato estraeva da un bossolo la coppia di eletti.

Non è mia intenzione annoiarvi con della archeologia istituzionale. La mia riflessione ha come bersaglio uno strano miscuglio sacro/ profano o meglio, religioso/ istituzionale. Il mondo politico sammarinese, quello di allora, come quello di oggi, non ha avuto il coraggio di sciogliere l’insano connubio.

Per un piatto di lenticchie, i voti dei credenti.
Fin dall’inizio del ‘900, i socialisti avevano aspramente criticato l’antica modalità di elezione della Reggenza, considerata come “ sistema lotteria-spirito santo”.E nel loro programma minimo del 1906 avevano inserito “l’elezione dei Capitani Reggenti a voto consigliare diretto”. Nel 1921, Il Nuovo Titano così sbeffeggiava l’elezione della Reggenza: “Col solito carnevaletto si procede quindi al sorteggio. Banda, torcie, livree, corteo; tutti in chiesa. Dall’altare l’officiante sbatte il barattolo; la manina di un bimbo leva un breve. Lo spirito santo ha scelto fra il terno al lotto l’ultima coppia. E’ tombola!”

Arriviamo alla riforma del 1945, che la documentazione consiliare ed extraconsiliare descrive come una grande riforma.

Ma di fatto si tratta di una riforma dimezzata, per l’intreccio complice di due interessi di bottega politica. Interessi guidati, da una parte, da un’ ipocrisia fideistica del mondo dei cattolici e dall’altra, da una imperdonabile incoerenza dei social comunisti, eredi degli antichi riformatori, che non hanno avuto il coraggio di una separazione netta del cerimoniale pubblico dai riti della Chiesa, minacciata per 50 anni.

L’Unione Democratica si era opposta fortemente all’introduzione del nuovo sistema di elezione. Questa la motivazione sostenuta nel periodico del partito: si potrà riparlare di tale riforma e ammettere che la cerimonia della elezione avvenga senza l’intervento della parte religiosa in chiesa “quando sarà estirpata dall’animo del popolo sammarinese,specie del buon popolo della campagna, la fede che il Santo sia Lui che ha salvato la Repubblica per tanti secoli attraverso i più pericolosi frangenti, che sia Lui a guidare la mano innocente del fanciullo che estrae la pallina dal bossolo”.

Nessuno di quei signori credeva a questa panzana! Come- ritengo- non ci credono quelli che vanno oggi in corteo in Pieve.

Hanno fatto finta di crederci, invece, i nipotini dei riformisti socialisti. Per salvare “l’anima debole del popolo” hanno mantenuto questo frustolo di rito religioso: recarsi “nella Plebale per assistere alla funzione propiziatoria all’altare del nostro Patrono San Marino, affinché il Patrio Consiglio sia bene inspirato nella scelta dei nuovi Reggenti della Repubblica”.

Così recita la legge di riforma. La stampa di quel periodo testimonia che molti scherzavano su questa cerimonia. Si racconta di un consigliere buontempone che, fingendo di meravigliarsi, diceva: “che strano! oggi ho sentito proclamare dal balcone del Palazzo gli stessi nomi che avevo involontariamente ascoltato nel bisbigliare di alcune persone nel corteo”.

Oggi le cose sono le stesse. Peggiorate, perché sono passati 70 anni.
E il “popolino di campagna” che quei politicanti di allora volevano proteggere, si è svegliato e non vuole più tutele. Purtroppo non sono cambiati i politicanti. Per non perdere voti continuano a giocare all’equivoco, protetti da un cerimoniale che vorrebbe valorizzare sia vicende istituzionali che riti religiosi.

E invece- è la mia convinzione – li svilisce entrambi. Si rischia di arrecare uno sfregio alla laicità delle istituzioni. E si rischia di arrecare uno sfregio ancor più grave alla serietà della fede religiosa dei credenti. Che non può ammettere il far finta di…..

Purtroppo questo indebito matrimonio (che mi sono permesso più volte di contestare), non disturba più di tanto. Né da parte dell’Autorità religiosa né da parte delle forze politiche (di centro,di destra e di sinistra) è presa coscienza della anti storicità di questo modello “carolingio” di rapporti Stato-Chiesa.

La Repubblica oggi, giustamente e con fatica, vuole girare pagina. Cerca di adeguarsi agli standard internazionali in materia economica, finanziaria, bancaria, ecc.

Quando vorrà adeguarsi e rispettare gli standard in materia di laicità? Dove siamo abbondantemente perdenti, per essere un paese moderno e democratico.

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