San Marino. Processo del bilancio farlocco Carisp da -534 milioni di euro. Lettera in ferie”: così fu cacciato Luca Simoni dopo il bilancio da 534 milioni

Pressioni da Banca Centrale, direttive dall’alto e una rimozione orchestrata pochi giorni dopo l’assemblea dei soci.

Il processo sul cosiddetto “bilancio farlocco” di Cassa di Risparmio è finalmente entrato in dibattimento e il tribunale sta ricostruendo le dinamiche che portarono all’approvazione del famigerato bilancio 2016 rettificato nel 2017, che trasformò una perdita prevista di circa 77 milioni in un passivo monstre da 534 milioni di euro.

Al centro dell’udienza del 25 marzo 2025, davanti al Commissario della Legge Vico Valentini, c’è stata ieri la deposizione dell’ex direttore generale Luca Simoni, una figura chiave, sia per il suo ruolo tecnico sia per aver vissuto dall’interno quel passaggio drammatico.

Simoni ha riferito che il 12 ottobre 2017 ricevette la lettera di licenziamento. Era in ferie. Lo scenario è surreale quanto emblematico: mentre si trovava fuori sede, in vacanza, gli arrivò comunicazione formale che la sua esperienza alla guida della banca era finita. Una scelta che avviene pochi giorni dopo l’assemblea dei soci, che il 2 ottobre 2017aveva approvato il nuovo bilancio con la gigantesca perdita di 534 milioni. Un tempismo troppo preciso per essere casuale.

Ma il vero cuore del suo racconto riguarda ciò che accadde qualche settimana prima del licenziamento, nei locali della Banca Centrale di San Marino. Simoni venne convocato insieme al Consiglio di Amministrazione della banca. Ad attenderli c’erano i vertici dell’epoca: il Presidente Grais, il Direttore Savorelli, e i dirigenti Siotto, Sommella e Granata. Durante l’incontro fu chiesto esplicitamente a tutto il CdA di rassegnare le dimissioni. Poi i consiglieri uscirono dalla stanza e fu chiesto solo a Simoni di restare.

Gli venne rivolta la medesima richiesta: dimettersi immediatamente, perché — parole testuali — “servivano figure più competenti” alla guida dell’istituto. Una frase che racconta più di mille verbali.

Simoni, tornato in Cassa di Risparmio, scrisse di suo pugno una lettera di dimissioni e la consegnò al nuovo presidente Romito, ma fu proprio quest’ultimo a chiedergli di restare “ancora per un po’”. Una mossa che oggi suona come un tentativo di contenere, almeno in parte, una decisione che Simoni percepiva come imposta dall’esterno.

L’intera dinamica, ricostruita in aula con dovizia di particolari, apre una serie di interrogativi inquietanti: Chi stava realmente manovrando la banca in quei mesi? Perché bisognava sostituire l’intera governance prima della stesura del bilancio definitivo? E cosa sarebbe accaduto se Simoni ed il ”Cda Giacomini” non fosse stato allontanato proprio in quel momento?

Quel che emerge è l’immagine di una Cassa di Risparmio commissariata di fatto prima ancora che di diritto, con decisioni importanti prese in ambienti diversi dal CdA ufficiale, come abbiamo visto già.

Marco Severini – direttore GiornaleSM