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Come era prevedibile, è stata presentata una corposa interrogazione parlamentare sui “gravi fatti venatori” che hanno portato alla rottura di un vetro di una doppia finestra durante una battuta di caccia al cinghiale, organizzata nel Castello di Domagnano. L’obiettivo della battuta era ridurre il numero di cinghiali, considerato che ultimamente se ne potevano incontrare diversi nel territorio del castello, in cerca di cibo, in particolare nella zona dell’ospedale e lungo via Cailungo, con potenziali pericoli per le persone e il traffico.
Ciò che è accaduto ha destato grande scalpore tra la popolazione della Repubblica, anche per il fatto che, tra i partecipanti alla battuta di caccia, vi fosse un membro del governo noto per la sua passione per la caccia. Ma veniamo ai fatti, o meglio, ai misfatti: quella fatidica palla di piombo vagante, che avrebbe potuto causare conseguenze ben più gravi di un vetro rotto.
Il proiettile, sparato da un fucile calibro 12 e non da una carabina come si pensava inizialmente, secondo i primi accertamenti sarebbe rimbalzato su una pietra, deviando la traiettoria verso una finestra posta a sei metri di altezza in un’abitazione privata.
L’episodio ha riacceso l’eterna diatriba tra cacciatori e animalisti, molti dei quali stanno tornando a proporre la chiusura di questo tipo di caccia a San Marino. Una proposta che, considerando il livello di antropizzazione del territorio, non appare priva di fondamento, soprattutto per garantire la sicurezza dei cittadini.
Secondo le prime risultanze, che sono oggetto di richiesta nella stessa interrogazione parlamentare, non emergerebbero responsabilità dirette a carico di nessuno dei partecipanti alla battuta di caccia. Fatalità? Distrazione? Un incidente come tanti in questa pratica venatoria? Lo si saprà solo al termine degli accertamenti.
Intanto, i “Fatti di Domagnano” sono al centro di un’intensa attenzione mediatica, anche perché tra i partecipanti alla battuta c’era un noto politico che, “mettendoci la faccia”, ha ammesso che il proiettile potrebbe essere stato sparato dal suo fucile, sebbene le indagini non si concentrino esclusivamente su di lui.
Al di là delle responsabilità che emergeranno, è doveroso riflettere su questa vicenda e porsi alcune domande. È ancora possibile esercitare questo tipo di caccia in un territorio dove non esiste una distanza di sicurezza adeguata tra le aree di battuta e le zone urbane o le abitazioni? Considerando che l’uso di carabine, la cui gittata può superare di gran lunga le distanze previste dal regolamento, aumenta i rischi, forse sarebbe opportuno rivedere le regole per garantire la sicurezza e consentire il proseguimento di questa attività.
Un’altra domanda che molti si pongono è se ci sarebbe stata la stessa enfasi mediatica se non fosse stato coinvolto un politico.
E per sdrammatizzare con un tocco di satira, ci si potrebbe chiedere se qualcuno arriverà a chiedere le dimissioni dell’intero governo, come accadde per la famosa porchetta in quello storico pomeriggio del 1° aprile di qualche anno fa.
(Lo Stradone – Paolo Forcellini)