San Marino. Raffaele Bruni, presidente BSM. “Abbiamo ereditato una situazione piena di metastasi. L’abbiamo guarita”

Il suo compito non è parlare di numeri, anche se è intervenuto in apertura di assemblea per l’approvazione del bilancio 2024 di Banca di San Marino, alla quale è presente il 91,09 del capitale sociale. Ma dietro i numeri ci sono le persone, e le persone fanno i fatti. Per questo, il presidente Raffaele Bruni ha citato un dato emblematico, quello sul coefficiente di solvibilità, che secondo la normativa vigente deve essere l’11 per cento. “Cinque anni fa – ha puntualizzato – era il 6,78 per cento, oggi siamo al 12,01 per cento. Abbiamo raddoppiato il suo valore, con una forte accelerazione negli ultimi due anni. E non è una situazione definitiva”. 

Spiegando la mission del Cda, in coerenza con i principi ispiratori che hanno contraddistinto l’operatività della banca sin dalla sua fondazione, ha quindi raccontato cosa ha trovato quando è arrivato in BSM.  Una creatura malata, in avanzato stato di metastasi”. Il suo non è stato giudizio etico rispetto alle vicende trascorse, ma semplicemente clinico, che richiedeva una presa in carico di grande responsabilità. “Ero ossessionato dai cassetti, temevo quello che ne poteva saltare fuori. Alcuni rischi sono fisiologici per una banca, ma molti altri rischi sono venuti dalla storia di BSM. La quale, nonostante tutto ha dato il suo contributo a salvare altre banche in momenti difficili, in sostanza un contributo a salvare il sistema sammarinese”. 

All’epoca, il patrimonio di vigilanza era di 34,2 milioni, oggi è arrivato a 65,4 milioni. “Quindi non solo è migliorato, ma abbiamo anche pagato i debiti di famiglia”. Poi è tornato a parlare dei rischi, che sono un po’ la sua ossessione. “La banca non aveva gli strumenti per controllarli, e nemmeno la cultura per prevenirli. Abbiamo inserito un virus benigno, un’eccellenza assoluta: uomini e donne che si occupano del controllo”. Quanto ciò fosse importante è emerso negli interventi successivi, quando sono state ricordate malversazioni e comportamenti fraudolenti provenienti anche dall’interno. Per questo Bruni ha voluto puntare sulla valorizzazione delle prime linee. 

Malgrado tutto quello che abbiamo letto sui giornali – ha detto – abbiamo aumentato la redditività. Che non è un’operazione matematica, ma frutto di contenimento dei costi e in qualche caso perfino di una loro riduzione”. Questo è avvenuto nonostante i problemi contrattuali che hanno contrassegnato drammaticamente lo scorso anno. Il costo del personale, con i suoi 8 milioni di euro, costituisce una delle voci più importanti. Quei problemi sono stati risolti solo in parte perché siamo di fronte ad un’altra stagione di rinnovi. Bruni sta vivendo questo aspetto come una sconfitta da parte sua, come quella di non essere riuscito a realizzare un titolo ibrido. 

Io, un presidente eterodiretto?” ha detto rivolgendosi a quanti lo tirano per la giacchetta. Ma ha riposto lanciando una domanda gelida: “Chi sono quelli che parlano?” 

Insomma, niente polemiche, né sui media, né sui social, né su altri mezzi, perché meglio delle parole contano le azioni e i risultati. Nel dettaglio dei quali, dopo di lui è entrato specificatamente il direttore Aldo Calvani. Chi ha visto le tempeste in cui la banca è incappata negli ultimi dieci anni, o forse anche più, ha interpretato quei numeri di bilancio quasi come un miracolo. 

Dal canto suo Raffaele Bruni, al termine del suo intervento, ha ricordato l’essenza stessa della banca, che ha un’anima, ma anche radici. Come dimostra la clientela, in gran parte storica. “Non c’è banca che funzioni senza le persone che vanno allo sportello, e questo vuol dire avere fiducia”. Per come la pensa lui: “Non c’è alternativa all’ottimismo”.