Se il 20 ottobre, in occasione del referendum sull’Europa, non si raggiungesse il quorum o, peggio ancora, prevalessero i No, credo che offriremmo all’esterno una pessima immagine del nostro Paese, in aperta contraddizione con le scelte di trasparenza, di collaborazione con gli altri Stati e di adesione alle nuove regole della comunità internazionale che caratterizzano il nuovo corso della politica e dell’economia sammarinese. Il risultato del referendum verrebbe inevitabilmente letto non come la preferenza per una soluzione diversa di integrazione, che sia lo Spazio Economico Europeo o un accordo specifico insieme agli altri piccoli Stati d’Europa, ma come la scelta di rimanere Paese terzo e di conservare vantaggi e privilegi del passato (a questo punto di fatto inesistenti e non riproponibili).
Sono inoltre convinto, ma ovviamente tutte le opinioni sono legittime, che il risultato positivo del referendum non comprometterebbe il percorso avviato per una delle soluzioni “intermedie” già indicate, rispetto alla piena adesione che richiederebbe tempi necessariamente più lunghi. E questo per noi è importante, perché non siamo di fronte a una scelta ideologica ma ciò che conta veramente è che San Marino, con le sue imprese, le sue banche, i suoi professionisti ed i suoi giovani, non può continuare, chiuso com’è entro i confini italiani, ad essere un Paese extracomunitario; un Paese che, pur dovendo sottostare comunque alle regole fissate a Bruxelles oltre che a quelle imposte da Roma, non ha pieno e libero accesso, a parità di condizioni con gli altri Paesi d’Europa, al mercato unico europeo ed alle mille opportunità che, insieme agli inevitabili doveri, l’Europa offre in tutti i campi ai Paesi aderenti e, in misura minore, a quelli associati.
Senza una maggiore e rapida integrazione nella comunità europea San Marino non ha futuro. E’ quindi necessario che, dopo aver presentato la richiesta di adesione, il Governo non rinunci a priori ad altre possibili soluzioni e dia seguito anche al percorso di avvicinamento e maggiore integrazione avviato nella precedente legislatura dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri che, per la prima volta dopo tanti anni, ha creato un canale di dialogo ed un fattivo confronto con l’Unione Europea che hanno consentito di affrontare concretamente i problemi aperti, di valutare insieme le nostre esigenze e di prefigurare possibili soluzioni.
Essendo chiamati alle urne e dovendo compiere una scelta, non possiamo che dare un messaggio forte e chiaro a favore dell’Europa, superando dubbi e timori che, in questa fase, non hanno motivo di esistere.
Ricordando che Alleanza Popolare, alla quale aderisco, è stata la prima forza politica che ha sostenuto fin dalla sua costituzione, nel 1993, la piena adesione all’Unione Europea, pur riservandosi di valutare gli esiti della trattativa e quindi i costi ed i benefici, il 20 ottobre andrò a votare e voterò Si al referendum sull’Europa.
Tito Masi