CSdL, CDLS e USL lamentano il mancato confronto con Governo e Maggioranza, e puntano il dito sulla Segreteria Finanze che non ha neppure letto le proposte di modifica dei sindacati, e fatto dichiarazioni mendaci sui reali effetti della riforma. Il PdL colpisce nuovamente i redditi dei lavoratori dipendenti, sia residenti che frontalieri, e dei pensionati, redditi già penalizzati dall’inflazione e della mancata applicazione del fiscal drag. Previsto anche il raddoppio delle tasse sul Tfr. Se necessario si arriverà fino allo sciopero generale
La Riforma Igr che approda in prima lettura in Aula consigliare è nel mirino delle tre Organizzazioni Sindacali che, nella Sala Montelupo di Domagnano, questa mattina hanno illustrato in conferenza stampa le loro posizioni estremamente critiche. CSdL, CDLS, USL sono pronte a mettere in campo tutte le iniziative necessarie per modificare questo progetto di legge, fino allo sciopero generale, per fermare quella che i tre Segretari Generali definiscono “Una vergona”.
Il progetto di riforma, al contrario di quanto affermato nella relazione al PdL, continua a colpire sempre e solo i redditi da lavoro dipendente e i pensionati, quando in questi ultimi anni hanno pagato duramente la perdita del potere di acquisto, solo in parte recuperato dai rinnovi contrattuali e dalla norma sulla rivalutazione delle pensioni.
Anche la mancata applicazione del Fiscal Drag, pur essendo una legge dello Stato, ha prodotto un aumento della tassazione a carico dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, per effetto del passaggio ad aliquote più alte; lo Stato ha incassato indebitamente da queste categorie ben 10 milioni in più all’anno. E ora si vorrebbero ricavare almeno altri 12 milioni annui proprio dalla tassazione dei lavoratori dipendenti e pensionati: “Non devono pagare nulla di più, ma di meno”, ribadiscono i vertici sindacali
Enzo Merlini (CSdL), Milena Frulli (CDLS) e Francesca Busignani (USL) dunque smentiscono categoricamente le dichiarazioni di Segreteria Finanze e Maggioranza, che spacciano la modifica dell’Imposta Generale sui Redditi come una forma di riequilibrio tra i redditi.
Dati alla mano, nel caso di una pensione di 1.200 euro lordi, il risparmio sulle tasse si otterrebbe solo “smaccando” in territorio almeno 6mila euro l’anno – mediamente circa 500 euro al mese – costringendo così cittadini e residenti a spendere questa cifra unicamente in territorio, dove i prezzi sono notoriamente più alti. La situazione è ancora peggiore nel caso di un analogo reddito per un lavoratore dipendente, perché il raddoppio del TFR produce un aumento della tassazione anche smaccando tutti i 6mila euro.
Anche le spese mediche e dentistiche sono deducibili solo per le prestazioni fatte in territorio, con evidente rischio di dover rinunciare a prezzi più bassi e a professionisti di fiducia, e di far lievitare i costi in un regime di non concorrenza. Una situazione che peraltro stride fortemente con l’accordo di Associazione con la UE, che dovrebbe garantire la libertà di ognuno di spostarsi a fare spese anche in altri Stati.
Altra nota dolente: il capitolo frontalieri: “Mentre l’Italia fa pagare meno tasse – spiegano Merlini, Frulli e Busignani, riferendosi all’aumento della franchigia a 10mila euro – San Marino intende aumentare la tassazione per i lavoratori non residenti, con l’eliminazione della no tax area e la trasformazione delle deduzioni Smac in detrazioni. Gli effetti creeranno disparità di trattamento nelle aziende tra colleghi che svolgono le stesse mansioni, come era già accaduto con l’odiosa tassa etnica del 2010.
Il Governo gioca sul fatto che le imprese pagheranno la differenza con i fringe benefit e rimborsi spese, andando di fatto ad acuire le disuguaglianze tra lavoratori.
Nelle misure previste dal Progetto di legge, è previsto anche il raddoppio della tassazione del Tfr, che significherà una decurtazione importante di questa quota di retribuzione, che molti utilizzano ad esempio per pagare le rate del mutuo.
Sotto la lente anche il mancato confronto con il Segretario alle Finanze Marco Gatti, che non ha neppure letto le controproposte sindacali alla riforma, come ha ammesso nell’ultimo incontro.
Il provvedimento è atteso in prima lettura già domani pomeriggio. Venerdì scorso le tre sigle sindacali hanno inviato una lettera di richiesta di incontro con tutti i gruppi consiliari nella stessa giornata di domani, durante i lavori consiliari. La risposta della maggioranza, al vaglio delle tre organizzazioni sindacali, è di spostare l’incontro nelle giornate successive, al di fuori delle sedute del Consiglio.
CSdL, CDLS, USL, chiedono di cambiare radicalmente il progetto di legge. Ciò comporta, spiegano i Segretari Generali, che il passaggio in Commissione Finanze deve essere calendarizzato in maniera tale da consentire il confronto nel merito, e da avere il tempo di apportare i dovuti correttivi, oltre a informare e confrontarsi con i lavoratori e i pensionati.
Se Segreteria Finanze e Governo cercheranno di affrettare i tempi, la risposta non potrà che essere immediata in termini di mobilitazione.
Mobilitazione che comunque inizierà con le assemblee con i lavoratori e i pensionati nel mese di settembre, e con il ricorso allo sciopero generale se il provvedimento non verrà modificato e corretto nei termini richiesti.
CSdL – CDLS – USL