Se persino il ministro Guerini è intervenuto per commentare le molestie sessuali avvenute a Rimini è evidente che ci troviamo di fronte a episodi di una gravità enorme che vanno immediatamente appurati.
Dal canto suo il presidente dell’Associazione Nazionale Alpini, il trevigiano Sebastiano Favero, ha dichiarato: “Prima di ripartire ho parlato con le forze dell’ordine e ho chiesto se ci fossero state denunce. La risposta è stata negativa. È chiaro che se ci sono denunce circoscritte e circostanziate prenderemo provvedimenti, ma al momento non ne risultano”.
Sarebbero ben 250 però, le testimonianze raccolte con protagonisti alpini in trasferta nel Riminese.
Tante anche le denunce apparse sui social. “Sono riminese, sono una barista e soprattutto una donna. Fra ieri e oggi quello che ho subito dagli alpini è svilente di ogni donna. Un alpino ha provato a leccarmi sulla bocca mentre prendevo un ordine al tavolo. Uno mimava un atto sessuale mentre mi giravo per sparecchiare”, scrive una ragazza sul profilo “Diario di una barista sottopagata”. E ancora: “Un altro mi ha spinto in modo da farmi sedere sulle sue ginocchia. I commenti neanche li conto perché sarebbero troppi. I commenti delle persone sono sempre ‘ma è stata una goliardia’. Questa non è goliardia. Questa è molestia”.
Sto seguendo con attenzione il processo che vede contrapposti gli attori Johnny Depp e Amber Heard.
Al di là di tutto, si tratta di uno spaccato di vita decisamente interessante, per quanto l’impressione sia più quella di assistere a un film, che ai lavori di un Tribunale.
Non solo: nel sistema legale americano probabilmente sono più importanti gli uffici stampa, che il peso delle prove e delle ragioni.
Per questo al netto dei tanti problemi che oggettivamente ci sono, mi tengo stretta la tanto vituperata procedura penale italica (o sammarinese).
Una lezione comunque si può cogliere da alcune registrazioni presentate in Aula.
All’interno dei file audio Amber Heard non solo ammette di essere vittima di scatti d’ira e di aver colpito ripetutamente il compagno, ma deride la volontà di Johnny Depp di denunciare gli abusi. In tale audio la nota attrice ride per poi dire: “Va, dì loro ‘Io, Johnny Depp, un uomo, sono vittima di violenza’. Vediamo in quanti saranno dalla tua parte”.
Ho trovato il dialogo significativo.
Piccolo passo indietro e una doverosissima premessa, ovvia forse, ma che mi sento di fare.
Nei casi di violenza di genere è assolutamente necessario ed essenziale tutelare la vittima, che rischia realmente di essere messa alla berlina per il solo fatto di avere trovato il coraggio di parlare.
Spesso e volentieri infatti per un meccanismo perverso, si tende a colpevolizzare chi è particolarmente debole ed ha già sofferto parecchio.
Io stesso posso testimoniare di avere ascoltato più di una volta commenti convinti di persone che davanti a degli stupri avevano il coraggio di sostenere la tesi che la vittima “se l’era cercata”, magari perché uscita in minigonna o abiti succinti.
Affermazioni e convinzioni di fronte alle quali bisognerebbe urlare la propria indignazione con la bava alla bocca, per poi prendere e rimandare a scuola certe menti bacate.
La società purtroppo è questa, va fatto allora un lavoro culturale enorme che deve partire sin da quando si è alunni, per poi passare dalla emanazione di puntuali norme, come hanno fatto e stanno facendo San Marino e Italia.
Detto ciò il principio della presunzione di innocenza resta sacrosanto. Così come la ricerca delle prove a supporto delle accuse.
Non può e non deve mai passare il messaggio che vi sia chi possa approfittare dell’altro, semplicemente utilizzando l’arma della calunnia “perché tanto nessuno crederebbe mai che un uomo possa essere vittima di violenza”.
Ecco, questo va assolutamente evitato, a garanzia stessa di quelle norme – vedi il cosiddetto codice rosso in Italia – nate per fornire immediata risposta nei casi di potenziale femminicidio.
Parlando sempre e assolutamente in generale, vi sono circostanze in cui è il presunto soggetto debole ad essere violento, con l’uomo costretto a subire fisicamente, psicologicamente o entrambe le cose.
Ovviamente vale e resta tutto quanto ho scritto qualche riga sopra, perché questi ultimi restano casi limite e sicuramente circoscritti nei numeri.
Chiudo ricollegandomi a quanto accaduto a Rimini: se su 250 presunti episodi di violenza solo una persona per ora si è rivolta alla magistratura, c’è un grosso problema.
Forse le vittime non si sentono abbastanza tutelate o non hanno fiducia nelle istituzioni.
Ciò mi preoccupa davvero molto e se fossero state coinvolte mia moglie o le mie figlie non ci avrei pensato un attimo a consigliare di sporgere denuncia, dando loro la vicinanza e il supporto necessario.
Mi auguro dunque che chi ha subìto o sa qualcosa parli, trovi il coraggio di fare emergere i fatti e che i colpevoli – al netto del dovuto garantismo – paghino.
Del resto poche mele marce non devono e non possono insozzare un Corpo, quello degli Alpini, simbolo per eccellenza di democrazia e libertà.
Chiudo con una critica. E’ frustrante, avvilente, pericoloso e certamente poco rispettoso di tutte le parti in causa che si possa fare politica sulla pelle delle vittime. E chi si sentisse colpito da tali parole ha probabilmente la coda di paglia.
David Oddone