Pace, sicurezza, stabilità e, soprattutto, affermazione dei diritti umani. Ce n’è bisogno ovunque, specialmente in Afghanistan, che da troppo tempo ormai non ha visibilità sui media, surclassato dalla preponderanza delle notizie che vengono dai fronti di guerra e dalle dinamiche geopolitiche mondiali. Ma in Afghanistan si vive sotto un regime di terrore e di povertà, dove vittime predestinate e senza appello sono le donne e le bambine. Un tema dimenticato, ma di grandissima attualità, soprattutto in considerazione della interconnessione globalizzata in cui viviamo. Per questo Libera ha inserito nel suo ciclo di conferenze pubbliche una serata dal titolo: “Afghanistan: donne e diritti umani nell’era talebana”.
Relatori d’eccezione per il taglio analitico che hanno saputo offrire: Khaled Ahmad Zekriya, Ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Afghanistan in Italia; Giuliano Bifolchi, doppia cittadinanza sammarinese e italiana, research manager di SpecialEurasia; Silvia Boltuc, managing director di SpecialEurasia, di origine tedesca, specialista della situazione in Iran. La conduzione del dibattito affidata a Gilberto Piermattei.
Primo punto chiarificatore: i talebani non rappresentano né il governo, né il popolo afghano. Sono una minoranza che governa il Paese con le armi. Eppure, non sarà mai possibile avere la pace e un governo stabile se questo non nasce dall’interno, con la rappresentanza e l’accordo di tutte le etnie, compresi i talebani. L’Ambasciata, che rappresenta tutta la nazione, si adopera con attività e servizi consolari lavorando su diversi fronti. Primo tra tutti, la comunicazione sulla situazione che sta vivendo la popolazione per far sì che vengano ripristinati e rispettati i diritti umani (secondo fronte di intervento). In quest’ambito verrà organizzato per il prossimo ottobre un grande evento internazionale finalizzato ad invertire la rotta attualmente vigente. Terzo fronte è quello ecclesiastico, per promuovere il dialogo interreligioso, anche in questo caso promuovendo un evento a cui saranno invitate anche entità straniere.
Dal punto di vista geopolitico, si è un po’ perso di vista il ruolo giocato dall’Afghanistan, Stato cuscinetto tra potenze commerciali e politiche come la Russia, la Cina, l’India, il Pakistan. Ma anche un corridoio strategico per il passaggio di energie, la qual cosa potrebbe portare lavoro e ricchezza. Come potrebbe diventare il gasdotto in progetto dal Turkmenistan all’India, che non si riesce a realizzare proprio perché non c’è sicurezza.
Poi c’è il rapporto con gli USA. Dopo l’abbandono di una postazione di tutela ventennale, lasciando in loco tantissime armi, Trump ne ha chiesto il pagamento, oppure la possibilità di continuare usufruire dell’aeroporto di Bagram. Il che potrebbe equivalere ad un implicito riconoscimento dei talebani.
Ma qualcosa del genere sta per accadere con la Russia, che la prossima settimana dovrà decidere se cancellare i talebani dall’elenco dei terroristi. Se questo accadesse, altre nazioni potrebbero fare la stessa cosa per non rimanere tagliate fuori dalle immense possibilità commerciali dell’Afghanistan, ricchissimo di terre rare e di minerali pregiati. Oltre che di acqua, scarsissima in quei territori, se venisse opportunamente sfruttata. Ma tutto questo non sarà mai possibile finché non ci sarà un governo scelto dal popolo afghano ed eliminando ogni possibile rischio di guerra civile tra le diverse etnie.
Assolutamente significativo il fatto che, tra i relatori, ci fossero due giovani donne: Giulia Muratori, Segretaria di Libera, e Alice Mina, Presidente Pdcs, da qualcuno definite “globetrotter del Consiglio d’Europa” per l’impegno sociale portato in quell’organismo a nome di San Marino. Entrambe appena rientrate da Strasburgo hanno riferito quanto sia alta la tensione e quanto sia grande l’attenzione sui diritti umani, ma soprattutto quanto sia pregnante l’interrogativo su cosa possano fare i Parlamenti per incidere nella pacificazione dei conflitti. In questo senso va la risoluzione appena adottata per porre fine al deterioramento dei diritti delle donne in Afghanistan, ripristinare le tutele legali e mantenere un meccanismo di monitoraggio permanente. Sono gli stessi obiettivi contenuti in un ordine del giorno che anche San Marino ha adottato recentemente, con votazione unanime, nella Commissione Esteri.
“Non solo atti politici – hanno detto le due rappresentanti politiche – ma veri e propri impegni morali per dare voce a chi la voce non ce l’ha”.