A San Marino serve un creditore di ultima istanza. …. di Biagio Bossone

Biagio BossoneL’esperienza della lunga crisi finanziaria di questi anni ha dimostrato l’importanza vitale per ogni economia nazionale di disporre di canali di finanziamento di emergenza.

Questo è il motivo per cui i paesi nel mondo hanno istituito organi chiamati “banche centrali”, cui hanno demandato il compito di governare la liquidità e, in particolare, di operare come “creditori di ultima istanza” per rifornire di danaro gli istituti di credito che si trovassero a fronteggiare improvvisi drenaggi di depositi a causa di possibili crisi
di fiducia da parte del pubblico.

La presenza stessa di tale funzione mantiene salda la fiducia nella liquidità del sistema anche nei momenti di maggiore difficoltà. In casi estremi, l’intervento del creditore di ultima istanza si rende necessario per far sì che la perdita di fiducia non si trasformi in panico portando l’economia al collasso.

San Marino non dispone di una tale misura di salvaguardia. La sua banca centrale non prevede una funzione di credito di ultima istanza e non è attrezzata per svolgere questo ruolo – sebbene in un passato non lontano, come dirò più oltre, si sia trovata costretta a “inventarsi” tale ruolo per far fronte a gravi esigenze del locale sistema bancario. Intanto, San Marino non emette una sua valuta nazionale; pertanto, la banca centrale non ha potere di emissione di liquidità né in tempi normali, né tantomeno in tempi di crisi. Né la banca centrale dispone di strumenti alternativi che pure altre banche centrali hanno adottato in paesi che, come San Marino, hanno rinunciato alla sovranità monetaria e utilizzano valute straniere come il dollaro o l’euro.

Mi resi conto di questa fondamentale carenza sistemica anni fa, non appena assunsi la guida dell’istituto. Per questo chiesi immediatamente assistenza al Fondo monetario internazionale, che fornì indicazioni utili circa le opzioni da adottare. Destino volle che poco prima che ci si accingesse ad aggredire il problema, la cui soluzione avrebbe comunque richiesto tempi attuativi non brevi, accadde ciò che di colpo diede concretezza ai miei timori peggiori: la crisi di liquidità senza precedenti che la Repubblica si trovò ad affrontare in seguito alla decisione del Governo italiano di ricorrere allo scudo fiscale per colpire i capitali italiani esportati all’estero e non dichiarati al fisco. L’emorragia di depositi dalle banche sammarinesi presto assunse livelli preoccupanti. E’ interessante ripercorrere brevemente quanto si cercò di fare in quelle settimane convulse per tamponare le falle apertesi, al fine di comprendere che di strumenti anti-crisi o di gestione delle crisi occorre dotarsi quando le cose vanno bene, non quando cominciano ad andar male. In quel caso è già tardi e strade che sarebbero altrimenti percorribili diventano di fatto impraticabili.

In quelle settimane, dicevo, si provarono varie strade. La prima fu quella di chiedere sostegno alla Banca d’Italia. La collaborazione con Banca d’Italia era allora molto intensa e Via Nazionale non escluse un suo intervento; tuttavia, trattandosi di relazioni tra stati, la Banca d’Italia non sarebbe mai contravvenuta agli indirizzi politici del Governo italiano che, in quel periodo, non erano certo favorevoli a San Marino: era difficile immaginare che un governo con un braccio brandisse lo scudo fiscale e con l’altro tendesse la mano per attutirne gli effetti… La cosa morì lì. Ci si rivolse quindi alla Banca Centrale Europea , la quale rispose di non avere strumenti disponibili per assistere San Marino, nonostante il paese utilizzasse l’euro: la cosa era al di fuori del suo statuto e degli accordi fra la Repubblica e l’Unione Europea e non vi erano margini di manovra adoperabili. Chiedemmo allora alla Banca dei Regolamenti Internazionale (una sorta di banca centrale delle più importanti banche centrali del mondo), che però dichiarò di non potere intervenire senza un cenno di consenso dall’Italia. Sondammo quindi alcuni istituti di credito privati di primaria importanza, sia italiani sia di altri paesi: a tutta prima, ne ricevemmo segnali possibilisti; poi, fatti gli opportuni approfondimenti, ci risposero che San Marino rappresentava un rischio reputazionale da non correre. Sollecitammo infine l’intervento del Fondo monetario, ma Washington indicò di voler coinvolgere le autorità italiane nell’esame del caso sammarinese e, soprattutto, spiegò che, nella migliore delle ipotesi, le risorse che avrebbe potuto rendere disponibili sarebbero state del tutto inadeguate rispetto alle esigenze di rifinanziamento delle banche della Repubblica. Crollata ogni altra possibilità, si ricorse a una soluzione interna che, attraverso opportuni incentivi, indusse le banche sammarinesi a redistribuirsi la scarsa liquidità che ancora rimaneva. Sebbene l’ingegnosità di tale soluzione raccolse il pubblico plauso dello stesso Fondo monetario, certamente si trattò di un surrogato alquanto limitato rispetto a un vero strumento di rifinanziamento di ultima istanza, il cui scopo è quello di consentire l’accesso a liquidità aggiuntiva.

San Marino continua ancor oggi a non disporre della funzione di credito di ultima istanza, con l’aggravante che la base di liquidità del sistema si è erosa drastica- mente in questi anni e il sistema è ancora più esposto in caso di crisi. Sebbene resti preclusa la via maestra di una banca centrale che abbia facoltà di creare danaro, sussistono altre soluzioni possibili, mutuabili da paesi che le hanno adottate, che sarebbe altamente opportuno valutare. Le soluzioni variano dalla pre-costituzione di un fondo di riserva comune, cui sarebbero chiamati a contribuire gli istituti di credito che poi avrebbero facoltà di accedervi in caso di necessità, alla stipula di un accordo con primarie istituzioni finanziarie internazionali per linee di credito di tipo stand-by a favore della banca centrale, da attivare su richiesta o automaticamente in caso di emergenza, alla previsione che ciascun istituto di credito operante in San Marino accenda un contratto assicurativo o di prestito bilaterale con una grande banca o un’assicurazione straniera.

Sono tutte soluzioni che presentano costi e benefici da valutare attentamente, che richiedono un dialogo fra banca centrale e comunità finanziaria e che impongono alla banca centrale di scegliere e dare attuazione alla soluzione che ritiene essere la più adatta al sistema.

Si tratta di un obiettivo di politica economica importante, cui il nuovo corso di banca centrale dovrebbe dare attenzione prioritaria.

Biagio Bossone, La Tribuna