San Marino. Sicurezza, consapevolezza e contratti: cosa dicono i dati dell’indagine CSU

La seconda fase dell’analisi dell’indagine “LOTTO contro violenza, molestie e discriminazioni sul lavoro”, promossa dalla Centrale Sindacale Unitaria, approfondisce il legame tra sensibilità organizzativa, condizioni contrattuali e percezione della necessità di formazione. Un’indagine che, con oltre 260 partecipazioni, sta restituendo un quadro dettagliato delle dinamiche che si verificano nei luoghi di lavoro della Repubblica di San Marino, evidenziando tendenze significative e punti critici su cui è necessario intervenire. L’obiettivo è chiaro: rafforzare la cultura della prevenzione e della tutela, con strumenti concreti e mirati.
LA PRESENZA DI UN REGOLAMENTO INTERNO FA LA DIFFERENZA
Uno degli aspetti più rilevanti emersi riguarda l’impatto della presenza (o assenza) di un regolamento formale contro molestie e discriminazioni sul benessere percepito. I dati mostrano con chiarezza che nei luoghi in cui è attivo un regolamento, i lavoratori e le lavoratrici percepiscono un ambiente significativamente più attento e sensibile. La media di sensibilità nei luoghi con regolamento è pari a 3.39 su 5 (mediana: 4), contro una media di 2.54 (mediana: 2) nei luoghi dove il regolamento è assente. Anche se il numero di casi con regolamento è contenuto (n=18), la tendenza è inequivocabile: la presenza di strumenti normativi interni rafforza la percezione di protezione e attenzione, e contribuisce a creare un clima lavorativo più sano e rispettoso. Interessante anche la posizione intermedia di coloro che dichiarano di non sapere se esista o meno un regolamento (media 3.23): ciò suggerisce che la sola presenza di regole non basta, se non sono accompagnate da comunicazione e informazione efficaci e da momenti di formazione diffusa.
FORMAZIONE: UN CONSENSO TRASVERSALE TRA PUBBLICO E PRIVATO
Altro dato particolarmente incoraggiante riguarda la percezione dell’importanza della formazione sui temi di prevenzione e benessere organizzativo. Sia nel settore pubblico che in quello privato, la media delle risposte si attesta oltre il 4.4 su 5, con mediana pari a 5 in entrambi i casi. Questo indica un consenso solido e trasversale: i corsi di formazione sono ritenuti fondamentali per aumentare consapevolezza, ridurre i rischi e migliorare la qualità e la sicurezza dell’ambiente lavorativo. Anche se il campione dei disoccupati/inoccupati è numericamente ridotto, il dato si mantiene su livelli elevati (media 4), a testimonianza di un’attenzione diffusa al tema, indipendentemente dallo status occupazionale. Il mondo del lavoro, in tutte le sue articolazioni, sembra pronto a raccogliere la sfida di percorsi formativi strutturati e obbligatori.
SENSIBILITÀ ORGANIZZATIVA ANCORA TROPPO BASSA
Nonostante gli elementi positivi, resta moderata la percezione della sensibilità generale sul tema delle molestie e delle discriminazioni nei luoghi di lavoro. Il valore medio si aggira attorno al 2.9 sia nel settore pubblico (2.91) che in quello privato (2.87), con una mediana pari a 3 su 5. Questo significa che in molte realtà lavorative manca un impegno chiaro e riconoscibile da parte della direzione aziendale nella prevenzione di questi fenomeni. Inoltre, la variabilità delle risposte (con deviazioni standard superiori a 1) suggerisce una forte eterogeneità tra le diverse realtà: alcune risultano virtuose, ma molte altre appaiono indietro sul piano culturale e organizzativo. In sintesi, la cultura della prevenzione e del rispetto è ancora lontana dall’essere un patrimonio condiviso.
LA PRECARIETÀ ESPONE AL RISCHIO
Una delle evidenze più significative riguarda il legame tra condizione contrattuale e incidenza delle molestie. I dati indicano che chi lavora con contratto a tempo determinato denuncia episodi di molestie o violenza più frequentemente rispetto a chi ha un contratto stabile: il 65,4% contro il 55,3%. Se si controlla per la variabile di genere, lo scarto è ancora più marcato: il 69,4% delle lavoratrici con contratto a termine dichiara di aver subito molestie, rispetto al 56,9% di chi ha un contratto a tempo indeterminato. Sebbene la significatività statistica non sia stata raggiunta (p = 0.24), si tratta di una tendenza coerente con quanto già noto nel dibattito internazionale: la precarietà contrattuale aumenta la vulnerabilità, alimenta asimmetrie di potere e indebolisce la capacità di denuncia e reazione. In questo senso, il contratto a termine può costituire un ulteriore fattore di rischio, in particolare per le donne.
DISCLAIMER METODOLOGICO
I risultati presentati si basano su un questionario a partecipazione volontaria, compilato in forma anonima. Trattandosi di un campione non probabilistico, i dati non possono essere generalizzati né considerati statisticamente rappresentativi della popolazione sammarinese nel suo complesso. Tuttavia, essi offrono spunti di riflessione importanti e coerenti, utili per alimentare la discussione pubblica e orientare l’azione sindacale verso obiettivi più equi, informati e consapevoli.
UNA BUSSOLA PER L’AZIONE SINDACALE
Questi dati offrono indicazioni preziose per l’azione sindacale e per la definizione di politiche pubbliche: rafforzare la formalizzazione di regolamenti interni, rendere obbligatori percorsi formativi su sicurezza, rispetto e pari opportunità, e tutelare con maggiore decisione le lavoratrici e i lavoratori in condizioni di precarietà sono tre linee strategiche su cui la CSU intende insistere. La promozione di ambienti di lavoro inclusivi, sicuri e informati non può più essere rimandata. I dati parlano chiaro: le persone hanno bisogno di protezione, di strumenti concreti e di misure organizzative efficaci, congiuntamente a percorsi di formazione e informazione nei luoghi di lavoro.
L’indagine rappresenta solo il primo passo: una serie di iniziative seguiranno e saranno presentate nel dettaglio la prossima settimana in una conferenza stampa dedicata.
Comunicarto Stampa – CSU Centrale Sindacale Unitaria