Immaginatevi il palcoscenico: 23 giugno 2025, aula di tribunale, il sipario si alza e il giudice Renato Bricchetti sferra il colpo: condanna confermata per Alberto Buriani, il magistrato che scagliava ordinanze come fulmini, per quasi un decennio una sorta di Zeus da quattro soldi osannato dai giustizialisti sammarinesi come il dio dell’onestà, mentre i suoi fulmini squarciavano il Titano per – come accusa il Commissario Elisa Beccari nella sua ordinanza di rinvio a giudizio per associazione a delinquere – servire una cricca di burattinai. Accanto a lui, Simone Celli, l’ex Segretario alle Finanze, il “chierichetto” di AdessoSm, beccato a fare il “dattilografo” per Francesco Confuorti, condannato per tentata concussione, un anno di pena sospesa per Celli, e un marchio politico che puzza di bruciato.

E mentre San Marino trema sotto una sentenza che inchioda il “golpe bianco” alla storia, la politica che fa? Tace. Un silenzio da codardi, da complici, o da chi sa troppo e preferisce giocare al cacciatore di orsi col fucile inceppato, che si finge morto per salvare la pelle.
Partiamo da Celli… La sua nota (leggi qui), un papiro che sembra vomitato da un chatbot infetto da “FrasiFatte 3.0”, è un capolavoro di aria fritta: “Rispetto le sentenze, ma non ho preso un soldo!”. Standing ovation, dottor Celli! Ha scoperto che l’acqua è bagnata! Non c’è prova che il suo conto in banca si sia gonfiato, è innegabile, ma il codice penale non è un gioco da tavolo: per la tentata concussione basta aver provato a torcere il braccio a Catia Tomasetti, Presidente di Bcsm, per favorire chissà chi. E qui casca l’asino: se non ha intascato un euro, se non ha ricevuto dalla tentata concussione per cui è stato riconosciuto colpevole in due sentenze, per chi si è immolato? Per la Madonna di Valdragone? Per un busto in Piazza della Libertà? Per l’immortalità su Wikipedia? O per qualcuno che, a leggere le email, le sussurrava decreti legge come un ventriloquo al suo pupazzo?
Un lettore di GiornaleSM (leggi qui), con l’occhio lungo di chi ha rifiutato di bere il “kool-aid” della politica sammarinese, lo urla forte: i complici di Buriani sono ancora lì, magari a scaldare gli scranni del Consiglio Grande e Generale, a predicare moralità con l’aureola di carta. E chi sono? Nomi, cari consiglieri, vogliamo i nomi! Ma la politica tace, sperando chje la spazzatura nascosta sotto al tappeto non riemerga… Il governo? Muto come un pesce… Perdipiù lesso! La maggioranza? Svanita come l’hastag “#ferragnez”. L’opposizione? Forse troppo impegnata a scrivere l’ennesima sterile e inutile interpellanza.
Solo RETE ha avuto il coraggio di parlare (leggi qui): “Qualcuno ha permesso che un giudice diventasse il flagello di un sistema. Qualcuno ha lasciato che un Segretario servisse interessi privati”. Complimenti, almeno voi non vi girate dall’altra parte mentre il Titano affonda. Ma ora dovete arrivare fino in fondo, altrimenti da impavidi apparireste dei “quaquaraqua”. E arrivare fino in fondo significa agire: progetto di legge per l’istituzione di una commissione consigliare di inchiesta che arrivi a svelare nomi, cognomi, simboli di chi ha avuto precise e gravi responsabilità politiche nella devastazione del diritto e delle casse pubbliche del decennio scorso. Poi vediamo chi avrà la faccia tosta, fra i “sessanta”, di votare contro.
E che dire della Tv di Stato? Un servizio, freddo, scarno, essenziale, come se ci trovassimo di fronte a due poveracci ladri di galline…
Ma torniamo al celebre Zeus de “noiartri”, Buriani. Per anni, i forcaioli sammarinesi lo hanno incensato come il profeta della giustizia – divina in quanto da lui maneggiata -, l’eroe degli “onesti” che avrebbe ripulito il Paese dalla “casta”. Peccato che i suoi fulmini – ordinanze sparate qua e là come saette – non colpissero i corrotti, ma anche chi intralciava il copione di una cricca che saccheggiava San Marino come un bancomat guasto. La doppia sentenza (che non si può dire ancora definitiva ed esecutiva) lo inchioda: abuso d’autorità, tentata concussione, rivelazione di segreti d’ufficio. E quel “facciamo un po’ di paura a qualcuno”, registrato di nascosto, appare come il colpo di grazia a un magistrato che si credeva un dio, ma sarebbe stato solo il braccio armato di un potere più grande.
E Celli? La sua difesa è un’ode al nulla cosmico: “Non ho avuto vantaggi, né per me né per i miei cari!”. Meraviglioso, Simone, ma il punto non è il tuo estratto conto. Il punto è: chi ci ha guadagnato? Il codice penale, caro ex Segretario, non si commuove se l’illecito profitto finisce nel sacco di qualcun altro. Il reato c’è, e il disvalore è ancora più schifoso quando a commetterlo è un politico che dovrebbe presidiare il bene comune, non tentare una concussione ai danni di una figura chiave degli equilibri sammarinesi.
Caro Celli, ci dica: se non ha preso un centesimo, per chi si è sporcato le mani? Per la gloria? Per il karma? O per quella “cricca” di Banca Cis che, come scrive GiornaleSM da anni, ha trasformato il Titano in un buffet a cielo aperto?
Bcsm, con Catia Tomasetti in prima linea, esulta, e a ragione. La Presidente ha resistito a pressioni e – sembra – al “terrorismo” psicologico di un magistrato che si credeva intoccabile. La sentenza appare come una vittoria per la legalità, ma anche un ceffone a chi ha lasciato che Buriani giocasse al dio della giustizia.
Eppure, la politica sammarinese resta zitta.
Dove sono le dichiarazioni del governo?
Dove sono i comunicati dei partiti?
È come se la condanna di un giudice – e non di un giudice qualunque – e di un ex Segretario di Stato, di un Ministro per usare un termine italiano, fosse un pettegolezzo da bar, non un terremoto che squarcia il velo sul “golpe bianco”.
Ma, a Palazzo, evidentemente, interessa più il killer dei cani di un golpe che può esser costato una miliardata di euro alle casse pubbliche, ad ogni sammarinese.
Immaginate se in Italia, ai tempi di Mani Pulite, Antonio Di Pietro fosse stato condannato per abuso d’autorità. Le piazze sarebbero esplose, i giornali avrebbero urlato, i talk show avrebbero fatto maratone. A San Marino? Silenzio. Un silenzio che non è solo imbarazzo, ma appare come un’ammissione di colpa collettiva. Buriani, con i suoi fulmini, ha decapitato una generazione politica – da Gatti a chissà chi altro – aprendo le porte a “salvatori” come Celli. E la politica, che oggi tace, era lì: a guardare, a firmare, a coprire. Come disse Alessandro Mancini nel 2019, Celli ha sempre avuto la “copertura politica” di AdessoSm, ovvero di SSD, Repubblica Futura e Civico 10, una maggioranza che gli ha messo il collare dorato, lasciandolo abbaiare per Confuorti finché il guinzaglio è diventato troppo lungo.
Cari sammarinesi, il “golpe bianco” non è più una leggenda. È la storia di un Paese sequestrato da una cricca che usava carte bollate e ordinanze come proiettili.
La sentenza di ieri è un primo passo, ma la resa dei conti è appena iniziata. Celli può gridare la sua innocenza, ma il suo silenzio su “chi” e “perché” urla più di mille parole.
E la politica? Se continua a tacere, non fa che confermare ciò che tutti sospettano: i complici sono ancora lì, magari con una mano sul cuore e l’altra sul portafoglio.
Sveglia, San Marino! Non è il momento di girarsi dall’altra parte, perchè facendolo, questa volta, in tanti, sul Pianello, verrebbero sommersi da pomodori e uova marce!
Enrico Lazzari