Laura Casadei è la ragazzina sammarinese di tredici anni affetta dalla sindrome di Phelan mcdermid (dal nome del suo scopritore) la cui storia è stata raccontata di recente nella puntata di Khorakhané in onda su Rtv condotta dalla giornalista Sara Bucci. In quella cornice la mamma e il papà di Laura hanno con gran orgoglio parlato della loro bambina. Sentita al telefono la mamma di Laura, Elena Liuzzi, ha poi deciso di raccontare nuovamente a noi di Repubblica sm il viaggio della sua famiglia dal momento in cui è arrivata la sua secondogenita che si è subito rivelata il più grande contraltare di gioia al gravare della disabilità.
Quando vi siete accorti che qualcosa non andava e qual è stata la vostra reazione?
“Ci siamo accorti di qualche ritardo quando Laura aveva più di due anni, è stato allora che con la pediatra abbiamo deciso di fare delle ricerche. Così abbiamo saputo di questa sindrome che è molto rara, in Italia ne sono affette un centinaio di persone, sono quasi tutti non verbali e hanno molti problemi interni, spesso non camminano. Laura è verbale anche se ha un vocabolario molto molto limitato e si muove, di questo siamo molto grati. Io non ho mai respinto il pensiero della condizione di Laura, piuttosto che fermarmi ho pensato di rimboccarmi le maniche e provare a fare del mio meglio per lei. E’ proprio vero che chi si ferma è perduto e lo è soprattutto per Laura che se non ha stimoli rischia di cadere in una specie di depressione. Perciò chi le sta accanto non deve perdere la forza, deve fare in modo che non si stacchino pezzi d’armatura, io so di avere il preciso dovere di combattere una guerra che a ben vedere mi dà anche l’opportunità di restare giovane. Laura mi guarisce da tutto, è l’inconsapevole genio tutelare di tutta la fatica che si fa nello starle accanto come quando magari passa dieci giorni di fila senza mai chiudere occhio né di giorno né di notte. Cosa che è avvenuta non molto tempo fa perché una delle caratteristiche della sindrome è proprio quella di non dormire bene, devo dire però di essermene già dimenticata”.
Laura è una ragazzina che si è ben integrata nella società in cui vive o soffre piuttosto di solitudine?
“C’è in Laura una sofferenza difficile da colmare. Il problema è che lei comprende in profondità il mondo che la circonda pur non potendo comunicare con gli altri come vorrebbe. Dunque nessuno può nasconderle che lei è diversa e il fatto di non riuscire a fare determinate cose che invece lei vorrebbe fare le provoca una grande sofferenza. Per esempio lei va a scuola, ora fa le medie, ma non si è ancora trovato il canale giusto per insegnarle a leggere e scrivere. Certo questo non impedisce alle altre ragazze di essere amiche di Laura, c’è molto amore e molta solidarietà attorno a lei. Per questo devo ringraziare le sue amiche di scuola ma anche i loro genitori perché sono convinta nasca da loro la sensibilità che dimostrano nel rapporto con Laura. Per non parlare poi delle associazioni sammarinesi, penso per esempio a Batticinque ma anche alle altre che rappresentano vere e proprie ancore di salvezza per ragazze come Laura, dandole l’occasione di condividere esperienze diverse da quelle delle amiche di scuola spesso impegnate con lo studio, mondo per lei al momento inaccessibile”.
Lo scopo del resto è percorrere la strada, non il punto di partenza o di arrivo.
“Esattamente, sono importanti i percorsi e lo sono ancor di più gli incontri. Quello che nella vita si è rivelato più importante per Laura è stato l’incontro con i cavalli. Li ha amati subito e subito ci siamo messi alla ricerca di un posto dove lei potesse cavalcarli. Abbiamo gironzolato parecchio perché non abbiamo trovato persone disponibili a prendersi la responsabilità di far salire Laura fino a che abbiamo avuto la grande fortuna di recarci al Circolo Ippico Riminese che oggi per noi è un punto di riferimento, una famiglia. Lì Laura ha trovato il suo equilibrio e i suoi istruttori le hanno instillato la passione per il volteggio equestre dove ha collezionato parecchie medaglie. E’ lì che ci rifugiamo quando qualcosa non va, quando capita che la tristezza prenda il sopravvento. I cavalli io non li avevo mai conosciuti prima, abitiamo in campagna e abbiamo tanti animali, tutti eccetto il cavallo. Eppure di loro non ho paura, non ho timore che facciano male a Laura, so che hanno un’anima e che intendono che la mia bambina è speciale meglio di tanti uomini. Ho notato ad esempio che c’è un cavallo cieco con il quale occorre adottare certe accortezze per non spaventarlo e che ciononostante con Laura non si spaventa affatto come con lei ci fosse un’intesa impossibile da percepire a chi guardi da fuori. Il centro ippico è l’unico posto dove sento di non dover offrire riparo a Laura. Per il resto proteggerò sempre la mia dolce creatura e sempre sarò grata per il dono di averla al mio fianco”.
Olga Mattioli su Repubblica Sm