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  • San Marino. Un proscioglimento che appare una assoluzione piena per Andreoli e una nuova ombra sul Commissario Alberto Buriani e la “Cricca”…di Enrico Lazzari

    Enrico Lazzari

    Il sottoscritto ha appreso la notizia dai mass media e, ancora prima, da quello che girava su Facebook, il mondo dove ruota la nuova politica. Non ho mai fatto dichiarazioni. Non ho ricevuto alcuna comunicazione. Sono all’oscuro di tutto. Quindi non posso parlare, non conosco nemmeno il capo d’imputazione, salvo quanto scritto dai giornali. Rassicuro Ciavatta: lei è il primo che saprà se succede qualcosa. Le dirò: ‘Finalmente la sua soddisfazione non sarà la mia, ma il suo orgasmo l’avrà raggiunto’. Affronterò quanto ho di fronte con serenità. Non sono stato raggiunto finora da comunicazioni, ma solo da quanto scritto dai giornali”.

    Era il 18 febbraio del 2016 quando l’allora leader del Partito Socialista, già Segretario di Stato, Paride Andreoli, incalzato da un precedente intervento di Roberto Ciavatta (Rete) interveniva in merito alla notizia di un suo coinvolgimento nell’indagine, condotta -guardacaso?- dal Commissario della Legge Alberto Buriani, che si era precedentemente già abbattuta sul leader democristiani Gabriele Gatti e Clelio Galassi, quest’ultimo assolto con formula piena già in primo grado, dove le accuse del Giudice inquirente oggi condannato in primo grado per una diversa indagine e rinviato a giudizio con l’accusa di essere il “braccio” in Tribunale del “gruppo criminoso” facente capo, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, all’imprenditore Marino Grandoni e coordinato sul campo dall’ex Dg di Banca CIS Daniele Guidi e dal finanziere lucano Francesco Confuorti, si sono rivelate infondate.

    Paride Andreoli ai tempi del Partito Socialista

    Ieri, a nove anni da quel giorno, la sua “odissea giudiziaria” si è chiusa. Non come lo sventurato protagonista e i suoi legali –Stefano Pagliai, Stefano Pisciotti ed Elena Zaghini– avrebbero auspicato, ovvero con una assoluzione piena nel merito, ovvero perchè “il fatto non sussiste” (come è stato per Galassi), ma con un proscioglimento. “E’ un esito che, comunque la si voglia vedere, lascia l’amaro in bocca –ha commentato l’Avv.Pagliai nell’immediatezza della pronuncia della sentenza (leggi qui)– perché ci sarebbe piaciuto affrontare le tante e troppe forzature, che in una certa fase storica sono state poste in essere da parte di chi all’epoca, secondo noi, non ha ben indagato, ha forzato certe norme, ha forzato certi concetti. Un esito che lascia l’amaro in bocca per quello che è stato e per quello che avrebbe potuto essere la vita del nostro assistito…”.

    Già, perchè anche in questo caso, come fu per i democristiani Gabriele Gatti, Claudio Podeschi, Clelio Galassi, Pier Marino Menicucci, Piemarino Mularoni, Gian Marco Marcucci, Giovanni Lonfernini, nonché per il socialista Fiorenzo Stolfi ed il democratico Claudio Felici -tutti ex Segretari di Stato, Felici addirittura in carica e costretto a dimettersi per quell’indagine condotta dal “solito” Buriani-, la vicenda che ha troncato in un battibaleno la carriera politica di Andreoli si è chiusa senza alcuna condanna. Ma non solo…

    Eh sì, macchè assoluzione -è il filo conduttore degli “ignoranti” commenti social- un altro ex potente (evidentemente colpevole solo in quanto tale nelle menti “mononeuronali” di tanti sammarinesi; ndr) è stato salvato dalla prescrizione… Niente di più falso, perché nella lettura della sentenza il giudice si è spinto oltre alla semplice “proclamazione” dell’intervenuto prescrizione evidenziando che i reati ipotizzati, nel caso l’autoricilaggio (unica imputazione, seppure prescritta), non sussiste -ovvero il fatto non costituisce reato, e va intesa come una assoluzione penale piena)- per quanto attinente il periodo antecedente al 2013, mentre per gli anni successivi a quella data il reato, sempre che ci sia stato reato (ipotesi che appare assai remota, come vedremo dopo scendendo nel merito degli atti di accusa) ascrivibile ad Andreoli, sarebbe ormai prescritto.

    Nella lettura della sentenza, nelle parole del Giudice questo concetto è risultato quanto mai chiaro.

    Commissario della Legge prof. Vico Valentini

    Quindi, la sentenza che libera Andreoli da ogni accusa penale, in concreto, andrebbe interpretata come una assoluzione piena, perchè il fatto non costituisce reato, per quanto imputatigli dall’accusa per eventi antecedenti al 2013 e un proscioglimento per le movimentazioni successive del denaro frutto di un eventuale reato commesso e capace di generare quello stesso denaro in seguito movimentato (autoriciclaggio). Ma, è doveroso sottolinearlo, la sentenza non sancisce che quel reato presupposto ci sia stato, come non sentenzia che non ci sia stato; semplicemente, essendo intervenuta la prescrizione, non serviva più appurarlo non essendo possibile, anche in tal caso, arrivare ad una condanna vista l’ormai sopraggiunta prescrizione.

    Spero di essere stato abbastanza chiaro e di aver spiegato l’imprescindibile e non semplice concetto in maniera comprensibile.

    Ho anticipato che, a mio parere (ma sono confortato dal medesimo parere di alcuni professionisti del Foro in questo), quel reato presupposto non esiste, per il semplice motivo che non può logicamente esistere, nonostante quanto tutti abbiamo ascoltato e letto ai tempi degli avvisi di garanzia e della diffusione delle ipotesi di accusa.

    Nei giorni degli avvisi di garanzia il mondo politico è diviso in due grandi “poli”: da una parte la Democrazia Cristiana e i suoi alleati storici, fra cui, in primis, proprio i socialisti di Andreoli; dall’altra Alleanza Popolare e la sinistra… In mezzo un ancora “insignificante” movimento simil-grillino, Rete. In Tribunale, reso tale dall’indagine che poi portò -anche in quel caso senza alcuna condanna definitiva  poi sopraggiunta nei confronti dei politici coinvolti- al Processo Mazzini dopo gli eclatanti arresti di Podeschi, Stolfi e Gatti, un “eroe” popolare come il Commissario Buriani, che ha già spazzato via a suon di arresti e avvisi di garanzia, i vertici di Via delle Scalette e il leader della sinistra socialista. Sarà un caso, ma l’indagine che si abbatte su Andreoli, va a spazzare via il più importante alleato di sinistra del Pdcs ormai decimato. E, non può invece dirsi una coincidenza (alla luce dei clamori mediatici dati a queste indagini coordinate da Buriani) che alla fine il polo catalizzato attorno al Pdcs, alla fine del 2016, finisce all’opposizione del governo AdessoSm, incentrato proprio attorno ad Alleanza Popolare, ormai rinominata Repubblica Futura.

    Scopriremo poi, che il “gruppo criminoso” raggiunge il suo massimo potere proprio durante i primi anni del governo AdessoSm e che il commissario Buriani viene condannato in primo grado per aver indebitamente aperto una indagine -lo dicono le motivazioni della sentenza- mirata a favorire la cosiddetta “Cricca” nata attorno alla governance di Banca Cis e che lo stesso ormai ex “eroe” togato viene rinviato a giudizio con l’accusa di essere nientemeno che un sodale dello stesso “gruppo criminoso” le cui azioni sembrano essere costate centinaia di milioni di euro alla collettività sammarinese. Semplice coincidenza?

    Commissario della Legge Alberto Buriani

    Del resto, seppure ciò non emerse mai dalle cronache giornalistiche di quel tempo -anzi, ogni indagato appariva come già colpevole e condannato- fin dai primi atti l’ipotesi accusatoria sembrava vacillare su più di un elemento. Primo fra tutti, proprio il coinvolgimento di Andreoli, accusato di aver sfruttato il suo ruolo in seno al Congresso di Stato per favorire la convenzione dei “Tavolucci”. Un progetto in piedi da anni ed anni, concretizzato con una convenzione disposta dal Governo nel corso della prima seduta a cui partecipava lo stesso Andreoli, appena nominato nel Congresso di Stato. Già questo, da solo, avrebbe dovuto infondere qualche dubbio sulla fondatezza delle accuse, ma non lo fece…

    Inizialmente era addirittura accusato di associazione a delinquere (stessa accusa che poi cadde, ma fu la motivazione addotta a motivare i mesi e mesi di custodia cautelare a Gatti) caduta comunque prima del rinvio a giudizio intervenuto ben cinque anni dopo, senza che mai Andreoli venne sottoposto ad interrogatorio dagli inquirenti, fra cui, si ricordi, Antonella Volpinari, poi oggetto di ricusazione accolta.

    La base dell’ipotesi accusatoria rivolta ad Andreoli era che dietro la cessione di un “terreno” di “soli” 500 metri quadrati per alcuni milioni di euro si nascondesse una cospicua bustarella… “Complessivamente la magistratura ha calcolato che un terreno di 500 metri quadri venne pagato, tra denaro e dazioni veicolate da trasferimento di proprietà immobiliari, almeno 3.517.108,90 euro”, scriveva L’Informazione il 17 marzo 2016. Peccato per l’ipotesi accusatoria, verrebbe da dire, che il “lotto” ceduto dal suocero di Andreoli per quei milioni non fosse un semplice terreno ma un agglomerato composto da tre appartamenti, relativi garage e ben tre negozi… Perdipiù, quella proprietà fu l’ultima ad essere ceduta (quindi il potere contrattuale del venditore era altissimo), visto che avendolo appena ristrutturato i proprietari non intendevano venderlo.

    Tante le -chiamiamole- situazioni “interessanti” che si intrecciano in quella vicenda. Prima fra tutte una lettera anonima che Andreoli ricevette nel 2015 nella quale gli si comunicava che Simone Celli lo avesse venduto e che entro sei mesi sarebbe finito indagato. Nessuna conferma sul primo aspetto, ma pochi mesi dopo Andreoli finì indagato…

     

    Particolare anche il fatto che, come denunciato in una delle tre ricusazioni, nello stesso momento in cui Andreoli rassegnava le sue dimissioni in Consiglio Grande e Generale, Valeria Ciavatta (Alleanza Popolare) sarebbe stata in comunicazione via smartphone con il Commissario Buriani

    Valeria Ciavatta

    Dunque, quel proscioglimento ottenuto l’altro ieri da Paride Andreoli, rappresenta un altro importante tassello da fissare nel puzzle che, una volta completato, potrebbe andare a svelare nella sua totalità quanto è accaduto nel decennio scorso, quando le indagini di un commissario della legge oggi rinviato a giudizio per associazione a delinquere hanno prima spazzato via una intera classe politica alternativa a sinistra post-comunista e Alleanza Popolare, spianando a quest’ultimi la strada verso il governo del Paese, e in seguito sarebbero state istruite per favorire un vero e proprio “gruppo criminoso”…

    Ma non basta l’ombra, un semplice sospetto di così ampia portata, l’ipotesi che il Titano nel decennio scorso possa essere stato il teatro di un vero e proprio colpo di stato giudiziario per “convincere” la politica di oggi che non è solo necessaria ma indispensabile l’istituzione di una seria commissione parlamentare di inchiesta capace di ricostruire la storia del decennio più drammatico della storia recente sammarinese, dove forse si è assistito sia allo “stupro” del Diritto che alla devastazione delle casse pubbliche?

    Enrico Lazzari