Pasquale Valentini (Dc): “A dispetto della delicatezza di queste nomine, sulle quali potevano esserci ombre, spesso e volentieri le osservazioni che facevamo venivano assolutamente ignorate e si andava avanti a colpi di maggioranza.
Quello del console di Doha non è l’unico caso, ci sono i verbali. Normalmente in passato di fronte a segnalazioni che potevano mettere in luce anche il solo fatto che si trattasse di persone non adeguate, si chiedeva la revoca del mandato. Io durante il mio mandato ho dovuto fare
più revoche che nomine.
Dire presuntuosamente ‘io so’ ha spesso l’effetto immediato di cancellare la parte più profonda del sapere che è costituita da tanti punti interrogativi. E’ dunque lecito e doveroso fare domande e altrettanto lecito e doveroso sarebbe per chi di dovere, fornire o tentare di fornire quelle risposte.
Una cosa che purtroppo non è accaduta durante il corso della legislatura che ci lasciamo alle spalle ma le cui scelte ricadono anche ora sull’immagine del Paese e sulla cittadinanza.
Prendiamo il nostro console di Doha, quell’Omar Vittone divenuto protagonista di un’inchiesta de l’Espresso dopo quella del quotidiano La Stampa pubblicata addirittura prima della sua nomina la cui delibera porta la data del maggio 2018. Indubbiamente San Marino rischia molto sul lato reputazionale tanto che si rendono necessarie delle garanzie.
Concetto questo più volte ribadito da chi dopo aver ricoperto il ruolo di segretario agli esteri ha, durante la legislatura a targa Adesso.sm, ricoperto anche quello di commissario di opposizione della commissione esteri, Pasquale Valentini.
“In Commissione esteri abbiamo sempre detto qual era il pericolo – ha affermato Valentini – ci sono i verbali che possono testimoniarlo. Quando sono stato segretario agli esteri avevo cercato di portare avanti la riforma del corpo diplomatico che prevedeva che fossero nominati ambasciatori solo coloro che facevano parte della carriera diplomatica.
Avevamo infatti toccato con mano che essi rappresentavano una garanzia sia per la Repubblica che per i Paesi che li ricevevano. Via
via l’intenzione era anche quella di eliminare la figura dell’ambasciatore a disposizione perché viene intesa in maniera ambigua dagli
altri Paesi.
Infine un altro criterio guida era quello che i consoli avessero la residenza come garanzia.
Quando io e altri commissari di opposizione chiedevamo come mai questi criteri non venivano più rispettati ci veniva semplicemente
risposto dal segretario Renzi che io usavo dei criteri e che lui ne usava degli altri. A dispetto della delicatezza di queste nomine, sulle quali potevano esserci ombre, spesso e volentieri le osservazioni che facevamo venivano assolutamente ignorate e si andava avanti a colpi di maggioranza.
Quello del console di Doha non è l’unico caso, ci sono i verbali. Normalmente in passato di fronte a segnalazioni che potevano mettere in luce anche il solo fatto che si trattasse di persone non adeguate, si chiedeva la revoca del mandato. Anche prima ancora che eventuali iter giudiziari fossero terminati.
Io durante il mio mandato ho dovuto fare più revoche che nomine”. “Ci vuole buon senso – ha concluso Valentini – che è quel che ha chiesto a gran voce la cittadinanza esprimendo il proprio voto l’8 dicembre. Il Paese chiede un governo e che tutto sia funzionale alla risoluzione dei problemi”.
La RepubblicaSM