Sanità, al Morgagni Pierantoni di Forlì la 1^ crioablazione mammaria per il trattamento del tumore della mammella

Forlì – 14 luglio 2025 – Eseguito, per la prima volta in Romagna, all’ospedale “Morgagni Pierantoni di Forlì”, un innovativo intervento di “crioablazione mammaria”.

Il trattamento, effettuato su una paziente già sottoposta ad intervento di mastectomia, con “recidiva cutanea di neoplasia della mammella, in progressione locale durante chemioterapia”, è stato eseguito dalla Radiologia Interventistica di Forlì, diretta dalla prof. Emanuela Giampalma, e dalla Chirurgia senologica di Forlì, diretta dalla dottoressa Annalisa Curcio.

Dopo attenta valutazione del caso da parte della Dr.ssa Curcio e della Prof.ssa Giampalma e dei loro collaboratori, si è deciso di gestire la paziente in modo combinato, ipotizzando preliminarmente un ampio trattamento della lesione cutanea mediante crioablazione percutanea con particolare attenzione al trattamento della porzione più profonda.

“La lesione non era operabile “up front” (cioè tramite procedura chirurgica), sia per le dimensioni che per l’estensione in profondità – spiegano – in quanto interessava i muscoli grande e piccolo pettorale e giungeva in stretta adiacenza con il piano dei muscoli intercostali, con alto rischio di eseguire una resezione parziale e grandi difficoltà ad effettuare una chirurgia plastica ricostruttiva”

Ci sono ormai molti lavori pubblicati in letteratura – chiarisce la professoressa Giampalma – che dimostrano come la crioablazione percutanea sia un trattamento alternativo alla chirurgia, nelle forme iniziali di neoplasia mammaria, o come terapia sostitutiva della chirurgia per le pazienti “unfit”, cioè non idonee ad essere sottoposte ad intervento chirurgico in quanto anziane e con comorbidità, anche se questa terapia non è ancora presente nelle linee-guida e non è ancora uno standard di cura. Non ci sono invece ancora state significative esperienze, pubblicate, sulla combinazione tra crioablazione e chirurgia nelle forme localmente avanzate per l’eradicazione completa della malattia.”

La crioablazione – prosegue Giampalma – consiste in un trattamento mediante inserimento nelle lesioni di uno o più aghi (a seconda delle dimensioni) in grado di ottenere la morte cellulare mediante congelamento della lesione, attraverso energie applicate con cicli ripetuti di congelamento e scongelamento, della durata di diversi minuti. L’utilizzo della Tomografia Computerizzata come guida al trattamento ha il vantaggio di verificare, in tempo reale, la formazione della cosiddetta iceball (palla di ghiaccio) attorno agli aghi infissi e poter quindi sospendere l’erogazione di energia una volta raggiunte le dimensioni prestabilite al momento del necessario planning pre-trattamento. L’utilizzo del congelamento, al posto dell’ablazione con calore, ha il vantaggio di risparmiare le strutture adiacenti e di non risentire della presenza dei vasi sanguigni, che possono disperdere il calore durante la radiofrequenza, ma che non disperdono l’energia durante il congelamento. Vista la delicatezza del caso e visto il fatto che fosse la prima volta in cui la nostra équipe interventista la applicava al distretto della mammella, abbiamo ritenuto opportuno un confronto con il consulente clinico della ditta fornitrice della strumentazione (il Dr. Franco Lugnani di Trieste, che vanta una esperienza ventennale nel campo della crioablazione) per condividere l’indicazione e la fattibilità del trattamento. Presa la decisione, il trattamento è stato eseguito in due step: un trattamento di crioablazione TC-guidato, presso l’U.O. di Radiologia, eseguito dal Dr. Enrico Petrella con la supervisione del Dr Lugnani e con la collaborazione del Dr. Emiliano Gamberini (Direttore dell’U.O. di Anestesia e Rianimazione di Forlì), che ha eseguito la sedazione profonda della paziente; un trattamento chirurgico di asportazione della lesione e di chirurgia ricostruttiva, eseguita dopo alcuni giorni dalla crioablazione, dalla Dr. Annalisa Curcio e dal chirurgo plastico afferente all’UO di chirurgia senologica, Dottor Matteo Mingozzi”

“Come già accennato dalla Prof.ssa Giampalma – aggiunge la dott.ssa Annalisa Curcio, Direttrice della Chirurgia Senologica – la lesione non sarebbe stata trattabile direttamente con la sola chirurgia, poiché estesa sia a livello cutaneo superficiale che muscolare profondo. L’intervento chirurgico non avrebbe garantito la radicalità oncologica. Grazie alla crioablazione, abbiamo invece ottenuto una riduzione dell’estensione ed una necrosi estesa della lesione. Questo ha permesso di eseguire un’ampia resezione chirurgica e l’asportazione parziale anche dei muscoli sottostanti con margini adeguati. La riparazione dell’ ampia perdita di sostanza è stata eseguita mediante un lembo fasciocutaneo di trasposizione eseguito dal chirurgo plastico. L’analisi istopatologica del pezzo ha confermato la necrosi estesa della neoplasia (necrosi ischemica),con una componente ancora vitale nel 25% del volume del nodulo con i margini di escissione chirurgica liberi da neoplasia. Il trattamento è stato eseguito con successo ottenendo la quasi completa necrosi della lesione nel periodo intercorso tra la crioablazione e la chirurgia”

“Possiamo quindi affermare – conclude la dott.ssa Curcio – che la crioablazione è una tecnica innovativa, mini-invasiva, che può essere utilizzata anche nel trattamento di alcuni tipi di tumore della mammella, in particolare in pazienti selezionate (tumori piccoli, pazienti anziane, o non candidabili alla chirurgia tradizionale, etc). Inoltre tale tecnica può essere integrata, come nel nostro caso, con altri trattamenti. Va detto, comunque, che sono ancora in corso studi per la validazione della tecnica, in alternativa alla chirurgia, nel trattamento del tumore mammario. La scelta deve essere valutata caso per caso, sempre in un contesto multidisciplinare e, se possibile, nell’ambito di studi clinici controllati”.

Sesto Potere