Se il Tribunale non funziona e i Media sono al cappio (l’editoriale di David Oddone)

Apro la riflessione odierna ribadendo con forza come il Consiglio Grande e Generale, in quanto espressione dei sammarinesi, sia sovrano. Così come ogni atto o intervento dei Consiglieri meriti grande rispetto. In particolare, quelli delle opposizioni, che hanno il diritto e dovere di essere controllori integerrimi. Una premessa ritengo doverosa, per introdurre alcune critiche, anch’esse indispensabili per garantire il contraddittorio e l’attuazione piena della democrazia.

Non mi toglie nessuno dalla testa, ma potrei certamente sbagliare, che vi sia chi ha nostalgia dei tempi andati, della Cricca. Perché con quell’assetto poteva effettivamente fare quello che gli pareva in barba alle regole. Non stupisce così tanto allora che si tenti in ogni modo di minimizzare quello che accadde solo qualche anno fa, quando c’era chi ha cercato di sovvertire lo stato di diritto, occupando tutti i posti chiave del Paese.

Il primo passo è quello di delegittimare l’attuale Tribunale. Sfortunatamente essendo particolarmente difficile, se non impossibile, teorizzare che “Messi” non gioca bene a calcio (ogni riferimento a Canzio è puramente voluto), ci si attacca all’unica cosa alla quale ci si può attaccare: le prescrizioni (parliamo chiaramente del penale). Gettate in pasto al volgo come esempio principe di una macchina della giustizia incapace, che salva i potenti e se la prende coi deboli.

Niente di più falso visto che i processi si sono ingolfati a causa di quanto accaduto proprio ai tempi della Cricca, che oltre ai buchi di bilancio, al debito e a tutto il resto, ci ha lasciato in eredità pure questo. Tuttavia sia il vecchio che attuale governo non sono stati a guardare: l’allora ministro alla Giustizia, Ugolini, e il nuovo, Canti, oltre ad avere assunto nuove leve hanno introdotto – in realtà stanno introducendo – l’omologo italiano della “Legge Pinto”, che prevede di velocizzare i processi, così come chi ha subito un danno per il mancato rispetto del termine ragionevole della durata del processo, previsto dall’art. 6 paragrafo 1 della Convenzione della salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, può richiedere un’equa riparazione.

C’è poi chi spaccia per condanne contro San Marino, gli accordi bonari raggiunti dallo Stato sammarinese con la Cedu. Detto comunque che spesso e volentieri tali “patteggiamenti”, che poi patteggiamenti non sono ma sorvoliamo, riguardano la lunghezza dei processi e fanno dunque parte dell’eredità di cui sopra. Perciò, i cittadini devono essere ben consci di chi devono “ringraziare” per il bel regalo, nonostante qualche narrazione poco accurata, per usare un eufemismo. Senza contare – fatto non da poco – che dall’ultima relazione sulla giustizia sia emerso con estrema chiarezza e numeri alla mano (i numeri non sono mai smentibili) che i processi oggi sono più veloci e le prescrizioni sono in netto calo.

Arriviamo così ad un’altra nota dolente, che dal mio punto di vista, fa il paio con la giustizia. Alcune prese di posizione e uscite, pare vogliano proporre una realtà alternativa nella quale a San Marino ai giornalisti è stato messo un bavaglio. Tanto da scomodare le autorità europee. Lecito, ci mancherebbe. Però, una volta che sia garantita la pluralità dell’informazione, ecco che pericoli reali per la libertà di pensiero, così come per la libertà di stampa, vengono magicamente disinnescati. Quindi l’unica vera minaccia concreta al momento è esclusivamente quella di spegnere le voci critiche e dissonanti. Ecco, su questo si dovrebbe intervenire ed infuriarsi. Sfortunatamente a San Marino se ne fa sempre una questione personale e si perde di vista il bene comune. Per essere ancora più espliciti ci si dovrebbe indignare, intervenire o scomodare le autorità europee quando, ad esempio, la politica interferisce col lavoro dei media, arrivando a colpirli personalmente se non sono allineati. Un monito, sia ben chiaro, che vale per tutti. Visto che a correnti alterne e a seconda della convenienza del momento, c’è chi ha fatto le liste dei buoni e dei cattivi.

Proviamo a tirare le somme. Se è vero come è vero che la macchina della giustizia oggi funziona e che il pluralismo dell’informazione – per ora – viene garantito nell’Antica Repubblica, se qualcuno prova a cavalcare invece la tesi opposta, ovvero che viviamo in un Paese dove l’autorità giudiziaria è di parte o delegittimata, e dove i media “buoni” vengono censurati e non possono fare il proprio lavoro, che cosa significa? E quale immagine si vuole comunicare all’interno e all’esterno? Cui prodest?

Credo sia molto semplice collegare i puntini di “Lazzariana” memoria (mi perdonerà il collega se lo prendo a prestito). Lo facciano pure i lettori.

 

David Oddone

(La Serenissima)