Sebald, tessiture di sogno

(di Elisabetta Stefanelli) (ANSA) – ROMA, 20 SET – W. G. SEBALD, ‘TESSITURE DI SOGNO’
(Adelphi, pag. 243, euro 19,00). ”Fu solo quando mi trasferii
in Svizzera nel 1965 e poi in Inghilterra l’anno successivo che,
propiziate dalla lontananza, cominciarono a prendere forma in me
alcune riflessioni sulla mia patria, e tali riflessioni, durante
gli oltre sei lustri che oramai ho trascorso all’estero, si son
fatte via via più complesse”. Lo scrive Winfried Georg Sebald,
in ”Tessiture di sogno”, bellissimo volume – nella luminosa
traduzione di Ada Vigliani – composto da tessere di racconto
costruite sul tema della lontananza, appunto, quasi come unico
metro di lucida riflessione. Sono scritti realizzati tra il 1975
e il 2000, dall’autore morto tragicamente in un incidente
stradale nel 2001 a poche settimane dalla pubblicazione di
Austerlitz, come ricorda Sven Meyer nella nota che chiude il
volume. Il tema più o meno sotterraneo, in qualche modo sembra
essere quello dell’esilio, sempre centrale nell’opera di questo
grande maestro del racconto a metà tra narrativa e saggio, con
una vocazione metafisica che in ”tessiture di sogno” sembra
prendere il sopravvento in modo a dir poco affascinante. Esilio
qui affrontato a partire da quello di Napoleone Bonaparte in
Corsica fino a quello suo, personale e volontario, passando
attraverso i saggi di Jean Amery o anche Dante e la sua
Commedia. L’esilio presuppone l’idea dell’estraneità, del
viaggio, del ”viandante” come Sebald definisce Bruce Chatwin,
in quella metafora dell’attraversamento che è sostanza stessa
della sua riflessione. Ma poi in queste pagine dal fascino
ipnotico, in cui l’autore trascina il lettore in una lentezza
che a volte sembra immobilità, c’è anche la letteratura con
Kafka, Grass, Nossack, Nabokov, Handke, c’è arte con Peter
Weiss e molto di più, tanto che ogni classificazione appare
limitante. Aleggia, più o meno dichiaratamente, il trauma
bellico, ”l’assenza di reazioni di lutto dopo una colossale
catastrofe nazionale”, ”la sorprendente freddezza con cui si
rispondeva alle montagne di cadaveri dei campi di
concentramento”, ricorda Sebald che quelle immagini le vide e
non le seppe spiegare. Il lutto che non si elabora, sembra dire
Sabald in queste pagine, ma che si trascina dietro e si espande
in ogni forma della vita successiva nonostante il tentativo di
prenderne le distanze. Persino nelle bellissime pagine iniziali
di queste ”Tessiture di sogno”, che raccontano il suo
smarrirsi in Corsica, nei luoghi napoleonici, tra i dettagli
dell’esistenza dell’imperatore. Nella ”Breve nota su Nabokov”,
che dà il titolo al volume, Sebald parla dei ”frontalieri”,
ovvero creature di ”una specie venuta da fuori” che ci appare
solo in sogno e che eistono in una terra di mezzo tra quella che
abitiamo noi e l’aldilà. Ma loro, i ”frontalieri” ci vedono
esattamente come noi vediamo loro, e pensano di noi quello che
noi pensiamo di loro…che siamo esseri effimeri, trasparenti,
di confine come ogni essere vivente nelle pagine di Sebald,
siamo tessuti nel sogno. (ANSA).
   


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