Una base delle forze speciali americane nei pressi di Kobane è stata colpita dall’artiglieria turca. Lo annuncia Newsweek, citando un alto funzionario curdo. Nella notte la notizia è stata più volte confermata e poi smentita, fino a quando il Pentagono ha spiegato che sì, l’attacco c’è stato, ma “per errore”, e che non sono stati registrati morti. Ciò che colpisce è che, secondo ha riferito il portavoce della Marina americana Brook DeWalt, “l’esplosione è avvenuta a poche centinaia di metri da una location fuori dalla zona del meccanismo di sicurezza in un’area dove i turchi sanno che sono presenti forze Usa”. Lo stesso portavoce ha poi avvertito la Turchia: errori simili non verranno più tollerati in quanto “potrebbero comportare un’azione immediata da parte degli Stati Uniti”.
Una situazione paradossale se si pensa che un membro della Nato, la Turchia, ha rischiato di eliminare altri soldati dell’Alleanza. Ma tant’è. Del resto, nonostante una prima apertura di Donald Trump, ora i rapporti tra Ankara e Washington sono sempre più complessi. Proprio ieri l’amministrazione americana aveva chiesto al presidente turco Recep Tayyip Erdogan a terminare subito l’operazione “Fonte di pace” – questo il nome dell’avanzata turca nel nord dell Siria – per evitare “sanzioni significative che spegneranno, se serve, l’economia turca”. Richiesta spedita al mittente dal Sultano, che ha subito fatto sapere: “Non mi fermo, nonostante le minacce”. Le milizie filo turche, in testa l’Esercito siriano libero, stanno continuando a penetrare nei territori controllati dai curdi, anche grazie ai bombardamenti degli F-16 di Ankara. Attualmente, Erdogan è riuscito a strappare 11 villaggi ai curdi. Il Giornale.it