Un fucile giocattolo, di quelli che si portano al mare per spruzzarsi l’acqua addosso, riempito, però, di soda caustica. Il primario dell’ospedale che scende dall’auto e viene sorpreso sotto casa, senza fare in tempo a vedere chi sia il responsabile del suo incubo peggiore. Poi la mira, davvero precisa, con ‘l’acido’ che finisce negli occhi. Due, c’è chi dice addirittura tre minuti. Breve, brevissima la distanza. L’agguato subito dal medico Stefano Tondi giovedì sera a Vignola, nelle piatte campagne del Modenese, per il momento rende soltanto un elemento certo: la premeditazione. Il camice bianco, sessantenne responsabile del reparto di Cardiologia all’ospedale di Baggiovara (figura tra le più note nell’universo della medicina Modenese) è ricoverato in prognosi riservata al Policlinico.
I colleghi che lo curano misurano la gravità delle ustioni con un ‘livello’ tre su una scala di quattro. Rischia la vista. E dentro lo stesso reparto, giusto qualche porta più in là, c’è il figlio Michele di 19 anni, bagnato a sua volta da quel liquido che divora. L’aggressore ha sparato anche contro di lui, quando il giovane sentendo le urla del padre si è precipitato fuori dall’abitazione per aiutarlo. La soda caustica gli ha ustionato profondamente il cuoio capelluto, ma se la caverà nel giro di alcuni giorni. Dello sconosciuto che ha architettato (sempre che dietro non ci sia un mandante) e messo in atto l’azione, qualcosa si sa, però è davvero poco. Un uomo robusto (la sua nazionalità non è chiara), che non ha concesso agli inquirenti nemmeno l’appiglio di qualche parola pronunciata nell’agguato, a favorire la ricerca di un movente. Dopo aver spruzzato la soda caustica in faccia a Tondi, e messo fuori gioco pure il figlio, si è allontanato al buio.
Niente telecamere, nessun testimone. Parliamo, infatti, di stradello Frignanese Mancini, una di quelle vie che vai a cercare solo se hai un motivo. Altrimenti nemmeno le vedi, tanto sono isolate. L’allarme lo hanno dato proprio loro, le vittime, padre e figlio. Quando il 118 è arrivato sul posto, Tondi si era già sciacquato il volto più volte. Un medico sa come agire. Probabilmente la tempestività ha ridotto, per quanto possibile, i danni agli occhi. Il caso prima è finito all’attenzione dei carabinieri della stazione locale, ma poi la faccenda si è mostrata ben più grande e il caso Tondi è finito sulla scrivania del reparto operativo.
Verso le due del mattino, chiariti i primi dettagli, una telefonata ha buttato giù dal letto il pubblico ministero di turno, Enrico Stefani. Si indaga per lesioni gravi, nella speranza che non diventino gravissime. «Dobbiamo prendere in considerazioni ogni ipotesi e qualunque ambito», commenta il procuratore capo Lucia Musti.
I carabinieri ieri hanno piantonato a lungo il Policlinico, vista la delicatezza del caso; padre e figlio sono stati ascoltati per la prima volta dopo i fatti. Indiscrezioni raccontano che il primario sessantenne già una settimana fa, e sempre sotto casa, avrebbe vissuto un incontro ravvicinato con una figura sconosciuta non particolarmente amichevole. Anzi, qualcuno che gli si sarebbe andato incontro con fare minaccioso. Il preludio al dramma? Due episodi collegati tra loro? Presto per dirlo, ma si può invece riportare il timore che il responsabile di Cardiologia di recente aveva espresso ad alcuni colleghi, in riferimento proprio a quello strano episodio sotto casa, in una zona di campagna e, come detto, particolarmente isolata.
Il professor Gianmaria Cavallini ieri ha speso parole poco rassicuranti sulle condizioni di Stefano Tondi: «Sì, il rischio che perda la vista in questo momento c’è perché gli occhi sono stati colpiti da un causticante molto potente, che sulla superficie dell’occhio può provocare ustioni molto gravi che determinano, poi, un opacamento della cornea con un calo della vista irreversibile. In seguito poi bisognerà gestire le complicazioni, che sono, appunto, l’opacamento della cornea – prosegue Cavallini – con possibile deficit delle cellule staminali».