Sulla stampa e sulla libertà di Angela Venturini

Ci sono scriba e scribacchini. Ci sono professionisti e dilettanti. Ci sono le regole, e c’è chi non le rispetta.

Le regole del giornalismo sono arcinote anche ai non giornalisti. Specialmente quella che riguarda la verifica delle fonti. Ma chi si occupa di verificarle? Basta un sussurro, un alito di vento, anche anonimo, per fare un titolo in locandina.

La replica? Non esiste. O va relegata nelle ultime righe dell’ultima pagina. La minaccia di querela? Guai, diventa immediatamente un attentato alla libertà di stampa.

C’è una concezione diffusa, ma molto curiosa, della libertà: ognuno può dire ciò che vuole, diffondere illazioni, calunnie, sentititi dire e poi costruirvi sopra castelli di congetture, supposizioni e perfino sentenze. Sulle cose, sulle persone, sulla politica. E chi più ne ha, più ne metta.

Ma agli altri non è riconosciuta la stessa libertà. E chi si azzarda a replicare, magari a criticare, è arrogante, prepotente, non rispettoso della democrazia. Anzi, è l’espressione di una democrazia malata.

Scusate, ma c’è qualcosa che non va.

Giornalista è colui che riferisce di un fatto al pubblico che non l’ha visto e non l’ha vissuto, spiegando con chiarezza il “chi, come, dove, quando e perché” in maniera asettica e imparziale, con buona prosa, nel rispetto delle regole della grammatica e della sintassi.

Altra cosa è l’opinione, ben disgiunta dai fatti, che viene proposta, di norma, da grandi penne, per offrire una libera interpretazione di un fatto importante, di una vicenda politica, di un fenomeno sociale o culturale.

Molto spesso, sui giornali, non si legge né la cronaca, né l’opinione, ma libere farneticazioni, talvolta anche senza firma. Il che è abbastanza comprensibile se invece di stare in strada si sta solo al desk.

E allora si alimentano le querelle, le incomprensioni, gli sburgiadamenti reciproci, fino a giungere alle incriminazioni tra una testata e l’altra, alle accuse tra un giornalista e l’altro.

Ma questo, permettetemi, non è giornalismo. E forse non è neppure libertà

 

 

Angela Venturini