
“L’udienza è terminata senza completare l’ascolto della memoria difensiva e siamo in attesa della decisione”: lo hanno scritto in arabo su Facebook gli attivisti che curano l’account “Patrick Libero”. In base alla procedura egiziana, quella odierna dovrebbe essere stata l’ultima udienza del processo a carico di Patrick Zaki: lo ha sostenuto una fonte informata egiziana a Mansura prevedendo dunque – in tempi che deve decidere il giudice monocratico, ma comunque non oggi – dapprima il pronunciamento della sentenza e poi il deposito delle motivazioni.
Un diplomatico italiano e rappresentanti di Unione europea, Usa, Canada e Irlanda sono giunti a Mansura, in Egitto, per l’udienza del processo, nell’ambito di un monitoraggio europeo dei processi rilevanti per il rispetto dei diritti umani in Egitto. Lo ha constatato l’ANSA davanti al Palazzo di Giustizia della città sul delta del Nilo. Come sempre in passato per il caso di Patrick, anche la presenza odierna dei diplomatici stranieri avviene su invito dell’ambasciata italiana al Cairo.
Il ricercatore e attivista per i diritti umani, a piede libero dall’8 dicembre dopo 22 mesi di custodia cautelare passati in carcere con accuse più gravi legate a dieci post su Facebook ma informalmente accantonate, è sotto processo presso una Corte della Sicurezza dello Stato per i reati minori (o d’emergenza) della sua città natale sul delta del Nilo. Patrick è imputato per un articolo del 2019 in cui prendeva le difese dei copti, la minoranza cristiana d’Egitto, sottolineando le sanguinarie persecuzioni dell’Isis degli anni precedenti e due casi di discriminazione sociale e giuridica. Pur libero, il 31enne ricercatore in studi di genere ha un divieto di espatrio e non può lasciare l’Egitto.
L’udienza odierna è dichiaratamente considerata da Amnesty International come un’occasione per verificare la “disponibilità” dell’Egitto ad aprire una “nuova fase” nelle relazioni con l’Italia sebbene la magistratura egiziana sia indipendente dal potere politico, almeno formalmente.
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