Ci sono nuovi sviluppi nell’inchiesta della Procura di Teramo sulla tragedia avvenuta lo scorso 22 dicembre sul Gran Sasso, quando due alpinisti romagnoli, Luca Perazzini e Cristian Gualdi, persero la vita dopo essere rimasti bloccati in quota durante una violenta bufera di neve. Un responsabile del Soccorso Alpino abruzzese risulta ora formalmente indagato.
Secondo quanto riportato oggi da Il Messaggero e rilanciato dall’ANSA, dal cellulare di uno dei due escursionisti sarebbero partite ben 17 chiamate d’emergenza prima del tragico epilogo. Le famiglie delle vittime, entrambe di Santarcangelo di Romagna, avevano già presentato un esposto chiedendo chiarimenti sui tempi e sulle modalità dei soccorsi.
A distanza di mesi, le indagini – coordinate dalla pm Laura Colica – si stanno concentrando sulla possibilità che la morte di Perazzini e Gualdi sia riconducibile a una condotta omissiva, potenzialmente configurabile come omicidio colposo.
Il soggetto indagato, come previsto dalla legge, ha ricevuto un avviso di garanzia, atto che gli ha permesso di partecipare alla perizia tecnica sul telefono cellulare dei due alpinisti, elemento centrale nell’inchiesta. La perizia è stata disposta proprio alla luce delle segnalazioni presentate dalle famiglie, rappresentate dagli avvocati Luca Greco e Francesca Giovannetti.
I soccorsi, condizionati dalle proibitive condizioni meteo, riuscirono a raggiungere il luogo in cui i due erano stati localizzati solo cinque giorni dopo la prima richiesta di aiuto, ovvero il 27 dicembre 2024. Alle operazioni avevano preso parte, oltre al personale del Cnsas, anche militari della Guardia di Finanza e squadre dei Vigili del Fuoco.
L’indagine è ancora in corso e punta ora a ricostruire l’esatta tempistica degli eventi e a chiarire se vi siano state responsabilità o negligenze nei ritardi dei soccorsi.