
Ospite di Quarta Repubblica, su Rete4, il leader di Italia Viva Matteo Renzi è tornato a parlare di uno dei motivi di scontro con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte: la delega sui servizi segreti. Secondo Renzi, sulla delega ai servizi segreti “c’è bisogno di un rispetto delle regole democratiche. Berlusconi questa delega l’ha data, Prodi l’ha assegnata, D’Alema l’ha data, Monti ha fatto lo stesso e anch’io, da premier, l’ho data”. Non capisco perché, ha aggiunto, “se c’è una consuetudine, che è fonte di diritto, si possa scherzare sull’intelligence e arrivare al punto che il portavoce del premier, Rocco Casalino, per fare lo splendido geolocalizza un bunker riservato e segreto, in Libia. Non si gioca con le istituzioni, non è il Grande Fratello, ci vuole massimo rispetto delle istituzioni… La forma in democrazia è sostanza”.
Trump potrebbe rivelare notizie su Mifsud?
Alle accuse di Renzi, Conte aveva replicato nella consueta conferenza stampa di fine anno: “Perché si chiede a un presidente del Consiglio di liberarsi dei suoi poteri? Io non posso liberarmi, è una prerogativa del premier”, ha dichiarato Conte mercoledì scorso, liquidando gli attacchi diretti del suo rivale.
Ma cosa nasconde, davvero, la guerra tra Conte e Renzi sui servizi segreti? Secondo Claudio Antonelli su La Verità, è possibile che la fretta di sistemare la questione Conte-servizi arrivi da un elemento esterno e non di politica interna, cioè le elezioni americane. Nella fattispecie, Donald Trump potrebbe “dare l’ok alla diffusione di notizie bomba sulle indagini condotta dal procuratore generale William Barr sulle possibili attività svolte in Italia da Joseph Mifsud con o contro gli Stati Uniti” all’epoca dei governi Renzi-Gentiloni.
A stretto giro, dunque, potrebbero uscire ulteriori informazioni declassificate o indiscrezioni sull’indagine di John Durham, che nel frattempo è stato nominato Procuratore speciale dal dimissionario Attorney general William Barr. E che potrebbero finalmente svelare – un pezzo – di verità sulle origini del Russiagate che secondo molti repubblicani vicini a The Donald – da George Papadopoulos all’avvocato ed ex sindaco di New York Rudy Giuliani – avrebbe come “epicentro” il nostro Paese. Accuse che forse molti dimenticheranno ma che furono formulate dallo stesso tycoon in persona.
Come riportato il 6 ottobre 2019 da InsideOver, in diretta telefonica il presidente Usa accusò di fatto Paesi stranieri – tra cui l’Italia – di aver “spiato” la sua campagna nel 2016 e di aver “cospirato” contro di lui. L’anchorman Sean Hannity chiese al presidente se i “gruppi di intelligence ai massimi livelli” di “Italia, Gran Bretagna e Australia” fossero stati coinvolti nell’aver spiato “cittadini americani e violato leggi americane”. Il tycoon, in diretta, non smentì l’affermazione di Hannity e aggiunse: “E l’Ucraina. Attenzione all’Ucraina. Come è accaduto che l’Fbi non abbia preso i server? Podesta ha detto loro di togliersi dai piedi. Come mai non hanno preso i server del Comitato nazionale democratico?”. La “non smentita” di Trump alla domanda del giornalista equivale a una “bomba” completamente ignorata nel nostro Paese e confermerebbe, almeno nelle parole del presidente americano, il coinvolgimento – tutto da definire – dell’Italia nella vicenda.
Ancora più esplicito il già citato Giuliani: secondo l’avvocato del tycoon, ci sarebbe stata una cospirazione internazionale contro il presidente Usa che coinvolge Roma: “Ci sono molte prove di ciò che è accaduto in Ucraina. Numerose prove di ciò che è accaduto nel Regno Unito. In Italia. Questa è stata una cospirazione globale che ha cercato di privare il popolo americano della persona che ha eletto presidente”.
Il Russiagate dietro lo scontro Conte-Renzi
Come già illustrato da InsideOver, ci sono infatti le trame romane del Russiagate dietro lo scontro sui servizi segreti fra Giuseppe Conte e Matteo Renzi. Gli affondi del leader di Italia Viva contro l’avvocato di Volturara Appula, com’è noto, stanno infatti mettendo in crisi l’esecutivo. Tutto comincia il 17 giugno 2019, con la lettera inoltrata al presidente del Consiglio dall’ambasciatore a Washington Armando Varricchio su richiesta dell’Attorney general William Barr nella quale si chiede di “verificare il ruolo svolto da personale Usa in servizio in Italia senza voler mettere in discussione l’operato delle autorità italiane e l’eccellente collaborazione”.
Lettera a cui seguono due colloqui tra i vertici dei nostri servizi e William Barr e John Durham, autorizzati in prima persona dal premier, quelli del 15 agosto e del 27 settembre 2019: al primo partecipò solo Vecchione, mentre al secondo presenziarono anche Luciano Carta e Marco Parente. Non c’è stato alcun passaggio attraverso la Farnesina, il canale è stato diretto e il premier ha autorizzato ai colloqui il capo del Dis Vecchione. Secondo Fox News, l’indagine del procuratore John Durham “si è estesa” sulla base di “nuove prove” raccolte proprio a Roma.
Quali sono le “prove decisive” raccolte a Roma che hanno permesso a Barr e Durham di passare da un’inchiesta preliminare a un’indagine penale a tutti gli effetti? Secondo quanto riportato dal Daily Beast, i due inviati americani erano particolarmente interessati da ciò che i servizi segreti italiani sapevano sul conto di Joseph Mifsud, il docente maltese al centro del Russiagate, colui che per primo – secondo l’inchiesta del procuratore Mueller – avrebbe rivelato a Papadopoulos l’esistenza delle mail compromettenti su Hillary Clinton. Renzi non ha mai digerito la decisione di Giuseppe Conte di autorizzare in gran segreto quel primo incontro fra Vecchione e Barr. E dal momento che ci sarà Biden alla Casa Bianca, è tempo di chiudere la partita.
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