A questo punto è chiaro che qualcosa è andato storto. La Libia, la cui transizione doveva essere il nostro fiore all’occhiello, si è dimostrata un contenitore di caos in cui l’Italia ha (almeno fino a questo momento) perso la sua battaglia. Forse non la guerra, perché quella può avere ancora cambiare il suo corso. Ma di certo l’avanzata di Khalifa Haftar rappresenta l’ennesimo segnale di una catena di errori cui Roma non ha mai realmente dato una svolta.
La Libia è stata per i nostri governi un susseguirsi di passi falsi di cui oggi paghiamo conseguenze estreme. Inutile fare la storia del conflitto: già la caduta di Muhammar Gheddafi e il coinvolgimento forzoso del nostro Paese fu un primo fallimento. Cambiammo radicalmente strategia su un governo con il quale avevamo costruito un asse utile ai nostri interessi. Fummo costretti? Probabilmente. Ma è chiaro che quella guerra fu un errore che, ancora oggi, colpisce i nostri interessi.
Secondo errore, non tattico ma strategico, è stato quello di voler sostenere esclusivamente una parte senza però avere la certezza di un reale supporto internazionale. E parliamo di Fayez al-Sarraj. Sia chiaro, l’Italia non avrebbe potuto fare troppo diversamente: con i nostri terminali Eni disposti quasi esclusivamente nella parte occidentale della Libia, l’unico governo in grado di garantire la permanenza dei nostri pozzi e gasdotti era appunto quello debole di Tripoli. Sarebbe stato inutile sostenere Haftar se era poi Sarraj a dover garantire la nostra sicurezza e lasciare i nostri uomini fossero presenti sul campo a Tripoli e al fianco della marina libica.
Ma tutto ha un effetto. E non aver capito da subito la debolezza intrinseca di Sarraj ha avuto due conseguenze: prima esserci affidati a lui, poi averlo di fatto abbandonato con una netta apertura verso Haftar. Che però nel frattempo aveva ricevuto pieno sostegno da Francia, Egitto, Emirati, Arabia Saudita, Russia e, in parte, anche dagli Stati Uniti. Quando ci siamo accorti che Sarraj era troppo debole, la Conferenza di Palermo ha dato l’assist perfetto per Haftar per ergersi a unico leader libico: di fatto però abbiamo sconfessato pubblicamente e di fronte al mondo tutta la nostra strategia sul Paese nordafricano. Per errori precedenti, certamente. Ma ora nessuno può dire di avere effettivamente l’Italia al suo fianco e l’Italia, di conseguenza, non può dire di avere alleati sul campo. Il Giornale.it