A schiudere l’uscio del segreto bancario a San Marino è stata l’ultima arrivata, l’Agenzia di informazione finanziaria (Aif), costituita il 28 novembre 2008, ma il problema del ritardo sammarinese sulle normative antiriclaggio era ormai talmente pressante che il 23 gennaio se n’era occupato anche il Consiglio Grande e Generale
il Parlamento della Repubblica – stilando un documento riservato che di fatto suonava come una tirata d’orecchi al Governo.
Il Consiglio è massimamente preoccupato per le difficoltà del prezioso sistema bancario e finanzario della Repubblica. Comincia col chiarire che considera «prioritario l’obiettivo dell’inserimento della Repubblica nella white list» dei Paesi equiparati a quelli europei, e vuole che il Governo acceleri su tre direttrici d’azione: dare «maggiore efficienza e autorevolezza alla Banca centrale, rafforzandone il ruolo di vigilanza» (nonché indicandone al più presto un presidente); «mantenere l’accesso al sistema bancario italiano per i mezzi di pagamento» e «dare concrete risposte, anche sul piano legislativo, ai rilievi formulati dal Moneyval» per passare finalmente nella lista dei Paesi virtuosi in materia di antiriciclaggio.
Nella seduta del 23 gennaio, dunque, il Parlamento impegna il Governo ad adeguare il settore delle attività bancarie e finanziarie, vitale per la Repubblica, sul quale a inizio anno è arrivato il giro di vite della Banca d’Italia. Anche se – ottimista come il ruolo impone – a fine 2008 la ministra degli Esteri, Antonella Mularoni, si era spinta a dichiarare che la normativa sammarinese, ancorché recente, «per alcuni aspetti era andata ben oltre quella prevista da altri Paesi, fra cui l’Italia», il Consiglio Grande e Generale la pensa diversamente, e tra le cause delle difficoltà in cui si dibattono le banche del Titano punta il dito su un «sistema di controlli non sufficientemente adeguato ed efficace», sulla «sottovalutazione dei chiari segnali di allarme che il Moneyval ha ripetutamente dato», oltre che su «taluni improvvidi interventi della politica in vicende giudiziarie» relative a reati finanziari.
Dopo la delusione subita dal Moneyval a metà dicembre, San Marino aveva ripreso un po’ fiato grazie alla sentenza del 19 dicembre 2008, con cui la Cassazione aveva assolto la Cassa di Risparmio di San Marino dall’accusa di riciclaggio (Il Sole 24 Ore del 13 dicembre 2008 pag. 38).
Ma secondo gli osservatori più avvertiti, la pronuncia della Suprema Corte ha fondamenta deboli: a esempio, non è vero che i sistemi bancari italiano e sammarinese siano un tutt’uno, poiché le convenzioni che legano i due Paesi sono circoscritte alla sola materia valutaria e non, a esempio, anche all’antiriciclaggio.
Come dimostra il recente veto del Moneyval, (Il Sole 24 Ore del 4 febbraio pag. 29). in questa materia ogni Paese è considerato a sé stante e assoggettato a valutazioni separate. Tanto che proprio per la mancata inclusione di San Marino nella white list, oggi l’obbligo di verifica della clientela spetta agli intermediari finanziari italiani. Infine, c’è da registrare la svista del collegio della 2° sezione di Cassazione che ha fondato la sua decisione anche sulla considerazione che i sistemi finanziari di Italia e San Marino siano sottoposti alla stessa autorità di Vigilanza: ma non è così, ogni Paese ha la propria.
Così, grazie alle spinte interne ed esterne, si è arrivati alle chiare istruzioni dell’Aif. Dal 9 febbraio, Bruxelles, Governo italiano, Banca d’Italia, magistratura e investigatori staranno con gli occhi puntati sul Titano per vedere se davvero la Repubblica sta smontando davvero la scomoda targa di “Paradiso fiscale”.
Lionello Mancini
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