Se la stampa correttamente riporta l’opinione espressa dal Segretario di Stato agli Affari Esteri, in merito all’opportunità di inserire San Marino nello Spazio Economico Europeo (SEE), e se alle parole seguiranno i fatti, siamo di fronte ad un piccolo ma significativo cambiamento nei rapporti fra San Marino e l’U.E. rispetto all’anacronistica posizione di Paese terzo, caparbiamente voluta e difesa dall’altrettanto anacronistica classe politica con il corollario di rapaci imprenditori. Specializzati, per esclusivo tornaconto, nel quotidiano sciacquarsi e risciacquarsi la bocca con la sammarinesità, con la sovranità e con i famosi capisaldi.
Il Paese si è perciò ritrovato in un cul de sac, bastonato da più Attori, con di fronte l’italico protettorato come unica via d’uscita.
Giova sapere che aderiscono allo SEE stati non aderenti all’U.E. oltre, ovviamente, tutti i paesi membri dell’Unione. La Svizzera dapprima vi aderì, dovette poi uscirne a seguito dell’esito negativo del referendum popolare svoltosi nel dicembre del 1992. Il Liechtenstein è da tempo dentro lo SEE ed il Principe ne motivò le ragioni ad un importante quotidiano italiano.
Prima di elencare, però, alcuni degli obiettivi che lo SEE si prefigge, ritengo che, vista la situazione nella quale San Marino si ritrova, nonché la predominanza dell’U.E. e di altre istituzioni verso i paesi poco virtuosi ed extracomunitari (è di questi giorni la notizia che lo scudo fiscale impone l’obbligo del rimpatrio per i capitali detenuti nei paesi extra-ue), un passo più deciso, quello dell’associazione (accordi europei), favorirebbe una maggiore conoscenza delle regole comunitarie aprendo la strada ad una eventuale adesione. Cosicché, una volta tanto, e per sempre, i don Abbondio della politica (riformisti d’accatto) smetterebbero di chiedersi e di chiedere l’entità dei costi e dei ricavi per un San Marino inserito nella U.E..
I costi degli errori compiuti e delle scelte non fatte, della difesa ad oltranza del segreto bancario, dell’anonimato, del permissivismo di Stato divenuto regola e dell’opacità del sistema sono, oggi, sotto gli occhi di tutti. Nonché imprevedibili le conseguenze sul sistema sociale.
Dopo la digressione alcune informazione sullo SEE e gli obiettivi che si prefigge possono essere utili per una conseguente valutazione:
– l’istituzione di un’area di libero scambio è l’obiettivo principale dello SEE, con l’estensione delle quattro libertà dell’U.E. (libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali e la libertà di stabilimento);
– gli stati aderenti possono partecipare ai programmi di ricerca comunitari, quali politica di ricerca e sviluppo tecnologico; iniziative nella politica dell’ambiente e nella politica di coesione economica e sociale. Partecipazione che avviene attraverso i fondi gestiti dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI).
Lo SEE, inoltre, è dotato di propria struttura istituzionale.
Si da il caso che San Marino nel 1991 siglò un Accordo di Cooperazione economica con l’U.E. che nulla ha prodotto.
Recentissimamente abbiamo firmato un Accordo di Cooperazione economica con l’Italia (in stand by) che, a sua volta, poco o nulla produrrà. Entrando nello SEE si ripresentano molte situazioni già previste negli accordi sottoscritti.
Tre accordi siglati su tre tavoli separati., dimostrazione della confusione che ha caratterizzato e caratterizza la politica estera da moltissimi anni. E’ tempo di stabilire su quale tavolo la partita degli accordi di cooperazione dovrà essere giocata.
L’adesione allo SEE è, comunque, un primo, timido passo verso l’U.E., atto a togliere San Marino dalla palude che lentamente lo sta risucchiando.
Sapranno i politici di ieri e di oggi, di governo o di opposizione, responsabili dei guai che hanno procurato al paese, tirarlo fuori dai guai stessi?
Saranno i sammarinesi disponibili ad un grande sacrificio pur di salvare il paese?
Chi vivrà vedrà. I dubbi sono tanti, come tante sono le preoccupazioni.
Marino P. De Biagi