Le carceri italiane sono lo specchio dell’etica pubblica. Nostra.
Sono quel che tu non vorresti mai per te ma che auguri sempre agli altri. Agli avversari politici, a chi sta meglio di te, perché, diamine, qualcosa di losco avrà fatto, a chi pensi sia più disonesto di te, a chi fa più carriera di te, a chi governa, governo ladro. Piove.
Per questo non te ne occupi.
Per questo nessuno se ne occupa.
Per questo una cosa gigantesca, un suicidio ogni tre giorni, non è una notizia.
Non se ne parla.
Che il 50% dei detenuti sia in carcerazione preventiva o senza sentenza definitiva non se ne parla
Che la metà di questi saranno dichiarati innocenti non se ne parla.
Che un detenuto su quattro, quindi, sia in carcere da innocente non se ne parla.
Che quindi, per statistica con l’accetta, proprio con l’accetta, 3 quarti di ogni detenuto che si uccide sia innocente, possa essere, innocente, non se ne parla.
Perché?
Perché il carcere è un convento al contrario.
Non il luogo delle preghiere di pochi per tutti noi.
No, è il luogo delle malefatte di tutti, senza di noi, pagate da pochi per tutti.
Qualcuno deve pagarle. Anche le nostre.
E buttiamo le chiavi.
Sergio Pizzolante
