Vienna, “giallo” della morte della hostess Aurora. La madre straziata: “Il fidanzato è un manipolatore, non credo a chi dice che si sia lanciata da sola”

A Vienna, tra le mura fredde del consolato italiano, una madre piange la figlia perduta. Si chiama Giada Cucina e viene da Palermo. Sua figlia Aurora non c’è più: è morta nella notte tra sabato e domenica, dopo un volo di tre piani dal balcone dell’appartamento che condivideva con il compagno Elio Bargione. La polizia austriaca archivia rapidamente il caso come possibile incidente o gesto estremo. Ma per Giada, quel “caso chiuso” è un’idea che non può né accettare né sopportare.

Foto tratta da servizio Tg24 di Sky

Non accusa direttamente nessuno, ma il dolore e i dubbi che la tormentano disegnano un’altra storia, fatta di malessere, solitudine e segnali rimasti inascoltati. Giada racconta che, quando ha visto sua figlia per l’ultima volta, respirava ancora. Era viva, ma già lontana.

L’immagine di quel momento non la lascia mai. Tenta di scacciarla durante il giorno, ma la notte riporta tutto a galla. Aurora, dice la madre, negli ultimi mesi stava male dentro. Aveva smesso di lavorare, non faceva più la hostess. Parlava di nuovi sogni: diventare tatuatrice, aiutare gli animali sofferenti, iscriversi a un corso di tedesco per fare la volontaria. Eppure, il suo stato d’animo non era quello di una ragazza serena.

Secondo la madre, la relazione con il compagno era segnata da squilibri profondi. Non accusa l’uomo di violenza fisica, ma sottolinea come Aurora fosse psicologicamente provata. A suo dire, esistevano dinamiche manipolatorie che avevano segnato l’animo della figlia, rendendola fragile e dipendente. “Era innamorata”, racconta, ma anche profondamente cambiata. Durante l’ultima visita a Palermo, la madre quasi non l’aveva riconosciuta da quanto era dimagrita.

Un dettaglio, tra i tanti, ha lasciato Giada interdetta durante la visita all’appartamento dove Aurora viveva: una borsa riempita alla rinfusa, con calze, slip e altri effetti personali. Un gesto che, agli occhi della madre, assomiglia a un’improvvisa decisione di andarsene, magari dopo l’ennesimo litigio. Le valigie, già piene, potevano essere state preparate per una fuga, o forse erano ancora lì da tempo.

Da quella casa, Giada ha portato via poche cose: due top ancora impregnati dell’odore della figlia e un piccolo peluche a forma di porcellino trovato tempo prima in un uovo di Pasqua. Quello, dice, vorrebbe metterlo con lei. Ma si ferma prima di finire la frase. Il dolore si impone, silenzioso, più forte di qualsiasi parola.