“Il grande tema è il diritto di Israele ad esistere, e sull’attentato alla Sinagoga di Roma dell’82 non si è fatto abbastanza”, ha detto il presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, nel corso del suo intervento alla presentazione al Senato della mostra e podcast realizzati in occasione del quarantennale dall’attentato, avvenuto il 9 ottobre del 1982, in cui morì il piccolo Stefano Gaj Taché e furono ferite oltre trenta persone.”L’attacco palestinese fu contro il diritto di Israele ad esistere. Siamo grati – ha aggiunto – a chi su Israele non ha fatto distinguo come i presidenti Napolitano e Mattarella”.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarà presente domenica 9 ottobre alla Sinagoga di Roma per una cerimonia di commemorazione.
“L’attentato fu un evento drammatico, che arrivò al culmine di una campagna di diffamazione e ostilità che si era aperta già da mesi e per cui la Comunità ebraica si sentì tradita dalle istituzioni perché non ci fu compassione. Fu una ferita che non si è ancora rimarginata, perché manca ancora la verità”, ha detto Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità di Roma. Parlando dell’iniziativa presentata in Senato, Di Segni ha aggiunto che rappresenta “un tassello importante per ricordare questo anniversario perché testimoniare è un obbligo fondamentale. Ancora troppi misteri sui mandanti”.
“Per anni questa tragedia ha riguardato solo gli ebrei, come se non fossero cittadini italiani. La società civile sta riscoprendo questa storia, spero che adesso non ci si fermi al quarantennale ma che ogni anno rimanga accesa fiamma memoria”, ha detto Gadiel Gaj Taché, fratello di Stefano. Su questa vicenda Taché ha pubblicato un libro dal titolo “Il silenzio che urla”. “Non pensavo che scrivere un libro avrebbe portato all’apertura di tutti queste iniziative – ha aggiunto nel corso della presentazione di una mostra e podcast sull’attentato -. Il libro è uno strumento per i giovani per potere capire e studiare questa storia”. Parlando dell’indagine aperta dalla Procura di Roma ha detto: “non sono stato ascoltato dagli inquirenti. Al momento non sappiamo come sono andate le cose, abbiamo troppe domande senza risposta ma ho fiducia che si arrivi alla verità”, ha concluso.
“Il piccolo Stefano Gaj Taché era prima di tutto un bambino italiano e dalle istituzioni italiane c’è stato un ritardo colpevole nella volontà di ricercare la verità su un attentato che è rimasto impunito”. E’ quanto affermato dalla senatrice Maria Elena Boschi intervenendo alla conferenza stampa di presentazione della mostra e del podcast realizzati per il quarantesimo anniversario. “O si sta con chi odia e con gli antisemiti, o si sta dall’alta parte – ha aggiunto -. Non ci sono zone grigie. Iniziative come oggi non sono solo di ricordo ma di condanna. Chi ha compiuto quell’attentato voleva istillare paura nella comunità ebraica e ancora oggi, quando ricordiamo questi fatti sui social, mi spaventa vedere i commenti di qualunquismo fino ai messaggi di odio e violenza significa che ancora non si è fatto abbastanza”.
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