Blitz nel Polesine: sequestrati 400 chili di pesce conservato illegalmente su un’auto. Indagini su azienda romagnola

Nel cuore del Polesine, durante un controllo all’alba nella zona di Porto Viro, la Guardia di Finanza ha intercettato un veicolo che trasportava un’enorme quantità di pesce d’acqua dolce in condizioni critiche. Dentro il mezzo, privo di qualsiasi sistema di conservazione adeguato e non autorizzato al trasporto alimentare, erano stati stivati circa 400 chili di pesce, tutti appartenenti alla specie siluro, pescati nel fiume Po.

Il carico, dal valore commerciale stimato intorno ai 5.000 euro, era in mano a due uomini di nazionalità rumena, risultati dipendenti di una realtà imprenditoriale con sede nella provincia di Ravenna, operante nel settore ittico. Le forze dell’ordine hanno immediatamente coinvolto il servizio veterinario della Ulss locale per verificare le condizioni igienico-sanitarie: ciò che è emerso ha lasciato pochi dubbi. Il pesce, stipato senza controllo della temperatura e senza alcuna tutela igienica, era da considerarsi potenzialmente pericoloso per la salute pubblica.

Di fronte a queste evidenze, le autorità hanno disposto l’immediata distruzione del pescato, avviando contestualmente il sequestro del veicolo utilizzato e sanzioni amministrative per oltre 1.500 euro. L’operazione non si è però fermata al solo illecito amministrativo: è ora sotto la lente d’ingrandimento anche l’azienda ravennate per cui i due lavoratori risultano impiegati. Le Fiamme Gialle stanno infatti esaminando la regolarità fiscale e contributiva della società, per accertare eventuali responsabilità più ampie e comprendere se simili trasporti rappresentino una prassi consolidata.

L’episodio solleva ancora una volta l’attenzione sul commercio parallelo di prodotti ittici, spesso legato a pratiche fuori norma e che rappresenta un rischio concreto sia per la salute dei consumatori che per la filiera legale dell’alimentazione. L’operazione delle autorità polesane mostra l’efficacia del presidio sul territorio, ma anche la necessità di un monitoraggio più serrato sulle attività legate alla pesca e alla trasformazione alimentare.