Brembate, omicidio di Yara Gambirasio: dopo una serrata disputa giudiziaria la difesa di Bossetti potrà analizzare le tracce di DNA rinvenute sugli indumenti intimi della piccola

Si apre un nuovo capitolo nella lunga vicenda giudiziaria che ruota attorno all’omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate Sopra scomparsa il 26 novembre 2010 e trovata senza vita tre mesi dopo, in un campo di Chignolo d’Isola. A distanza di quasi 15 anni dai fatti, la difesa di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per il delitto, potrà visionare copia ad alta risoluzione delle fotografie e dei tracciati elettroferografici prodotti dal RIS di Parma durante le indagini.

Il via libera è arrivato martedì scorso dal Tribunale di Bergamo, che ha accolto quanto previsto da un precedente dispositivo della Corte d’Assise, datato 29 novembre 2019. La decisione è maturata dopo un lungo iter giudiziario segnato da richieste, rigetti e rinvii, l’ultimo dei quali risale al 13 maggio 2024, quando la Cassazione ha respinto l’istanza dei legali di Bossetti per effettuare nuove analisi sui reperti. Tuttavia, è stato confermato il diritto della difesa a visionare il materiale.

Le copie – sia fotografiche che dei tracciati del DNA – saranno analizzate da Marzio Capra, consulente incaricato dalla difesa e noto per aver già lavorato al fianco della famiglia di Chiara Poggi, altra vicenda giudiziaria di rilievo nazionale.

Durante le indagini iniziali, per identificare la traccia genetica trovata sugli indumenti intimi di Yara – la cosiddetta traccia mista “31-G20” – furono esaminati oltre 25.000 profili genetici. Quella traccia, contenente il DNA della vittima e quello dell’aggressore, inizialmente indicato come “Ignoto 1”, è stata successivamente attribuita a Bossetti dopo l’arresto del 16 giugno 2014. Proprio questa prova genetica ha costituito il fulcro della condanna emessa in tutti e tre i gradi di giudizio, fino alla Cassazione del 12 ottobre 2018.

Bossetti, che si è sempre dichiarato innocente, ha più volte chiesto attraverso i suoi avvocati di poter riesaminare i reperti. Tuttavia, ogni tentativo di riapertura in tal senso è stato finora respinto. L’ultimo, a novembre 2023, è stato nuovamente rigettato dalla Suprema Corte, che ha ribadito la possibilità per la difesa di vedere – ma non di riesaminare – i materiali.

L’atto firmato martedì dal Tribunale di Bergamo consente ora alla difesa di accedere e valutare il materiale già acquisito, ma non modifica l’impianto probatorio fin qui ritenuto sufficiente per confermare la condanna definitiva.