Un 53enne si presenta all’Arma per un’offesa verbale, ma scatena un’escalation di insulti e intimidazioni. Condannato a 8 mesi senza sospensione della pena. Doveva essere un semplice accesso in caserma per riferire un torto subìto. Si è trasformato in un episodio di violenza verbale e minacce ai danni dei carabinieri. Un 53enne di Cesenatico, già gravato da numerosi precedenti, è stato arrestato nei giorni scorsi dopo essersi reso protagonista di un’aggressione verbale all’interno della stazione dell’Arma.
Tutto è cominciato mercoledì scorso, quando l’uomo si è recato presso la caserma cittadina con l’intento di denunciare un’ingiuria. Nonostante il reato sia stato depenalizzato da anni e oggi costituisca solo un illecito civile, il 53enne pretendeva comunque un intervento penale. La reazione alla spiegazione dei militari è stata spropositata.
Secondo quanto ricostruito in aula, l’uomo ha iniziato ad alzare la voce contro una carabiniera presente, pretendendo di essere ascoltato da un superiore. Il tono si è rapidamente trasformato in minaccia e violenza verbale, fino al punto da richiedere l’intervento di altri militari.
Ma invece di calmarsi, il 53enne ha proseguito con una raffica di frasi intimidatorie, alcune delle quali dal contenuto particolarmente grave e violento. Il comportamento, giudicato immediatamente incompatibile con la permanenza in libertà, ha portato al suo arresto con l’accusa di oltraggio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale.
Dopo una notte ai domiciliari, l’uomo è comparso in aula per il processo per direttissima. Difeso dall’avvocato Andrea Ambrosini, si è trovato di fronte a una condanna senza sconti: otto mesi di reclusione, senza sospensione della pena. Il giudice Marco De Leva ha convalidato l’arresto, accogliendo la richiesta della pm Anna Rava.
Una volta passata in giudicato, la pena dovrà essere scontata in carcere: troppi i precedenti per poter accedere a misure alternative.
Così un tentativo maldestro di rivalsa per un’offesa verbale si è concluso con l’ennesima condanna. Una vicenda che, più che per l’esito processuale, colpisce per la rapidità con cui una visita alla caserma si è trasformata in un’aggressione a chi è chiamato a far rispettare la legge.