Confische “Mazzini”, se San Marino vorrà evitare una condanna Cedu, i soldi e beni torneranno ai ricorrenti…  di Enrico Lazzari

Il ricorso è “inammissibile, essendo stato proposto avverso una sentenza già divenuta irrevocabile”. All’apparenza, questa conclusione tratta dal giudice di Terza Istanza, Oliviero Mazza, nell’ultima istanza di giudizio introdotta per adeguare procedure penali agli standard di diritto imposti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sembrerebbe porre la parola fine ad uno dei capitoli più bui del Diritto e dell’amministrazione sammarinese della giustizia.

In realtà, così non è, perchè lo stesso Giudice, pur non potendo scendere nel merito dei ricorsi per il principio del “tempus regit actum” (come avevamo anticipato su queste stesse pagine elettroniche, clicca qui), nel merito è sceso… Non travisiamo. E’ sceso nel merito della legislazione evidenziando un preoccupante contrasto fra norme attualmente “a regime”. Un contrasto che, da solo, potrebbe aprire la strada ai ricorsi in sede sovranazionale, peraltro possibile anche -come evidenziato dall’orientamento della giurisprudenza Cedu- dall’impossibilità (perchè in quel momento non presente nel Codice di procedura penale) di ricorrere al terzo grado di giudizio. Ma questo non è il cammino che i legali delle difese dei ricorrenti dovrebbero adottare per ottenere ciò che rivendicano, ovvero l’illegittimità delle confische in assenza di condanna, quindi -possiamo sostenere semplificando- di reato.

Il prossimo passo delle difese dei malaugurati protagonisti delle indagini politico-giudiziarie che, grazie all’azione di un unico giudice operante in un tribunale devastato da lotte intestine, hanno spazzato via una intera generazione politica spianando la strada ad un repentino, brusco ribaltamento degli equilibri -e degli uomini- di potere. Non è un caso, del resto, che dietro queste inchieste e processi si possa celare un preciso piano, premeditato, pianificato e attuato proprio con il fine di occupare i posti chiave dell’economia, della finanza e della politica sammarinese. Un dubbio, questo, sensato ma che senza precise indagini di una commissione parlamentare di inchiesta è destinato a restare tale, nonostante i processi che, non per golpe ovviamente, stanno interessando qualche protagonista (il giudice Alberto Buriani su tutti) di quell’epoca “giustizialista” stiano procedendo ai Tavolucci…

Il prossimo passo delle difese -dicevo- non sarà però il ricorso al Cedu. Questa rappresenta, infatti, l’ultima possibilità nell’azione finalizzata alla revoca delle confische. Una opzione che pende come una affilatissima e pesantissima “Spada di Damocle” sulla Repubblica di San Marino. Nell’immediato, dunque, la vicenda resterà all’interno dei confini. Lo stesso giudice di Terza Istanza lo ha “suggerito” nel dispositivo, dove -senza mezzi termini o spazio a diverse interpretazioni- ha evidenziato che resta aperta la contestazione in sede di esecuzione. “Non resta che affermare -si legge nel dispositivo- come l’illegalità della pena e della misura di sicurezza, non rilevabile d’ufficio in terza istanza in presenza di ricorso inammissibile, sarebbe comunque una questione deducibile davanti al giudice delle esecuzioni

Ma non solo. Forzando un “poco la mano”, il giudice Mazza, nello stesso dispositivo, ha anticipato quello potrebbe essere un esito scontato di questo ricorso al Giudice delle esecuzioni. Dopo aver ricordato l’art.1 del Codice Penale, l’art.15 della Dichiarazione dei Diritti, l’art.7 comma 1 del Cedu secondo la quale “non può essere inflitta una pena più grave di quella che sarebbe stata applicata al tempo in cui il reato è stato consumato”, il giudice ha evidenziato che “in uno stato di diritto non è ammissibile che la giurisprudenza assista inerte all’esecuzione di pene o di misure di sicurezza non previste dalla legge (art.1 C.P.) e quindi non conformi alla Carta fondamentale e alla Cedu”.

Nullum crimen, nulla poena sine lege poenali”, ovvero, nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente previsto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite

La vicenda, quindi, sulla base di quanto evidenziato, sembra destinata a chiudersi, con la revoca delle confische, nel ricorso che i ricorrenti presenteranno -e lo faranno, appare ormai certo- al Giudice delle esecuzioni. Vedremo…

Se ciò non accadesse si aprirebbero le porte della Corte Internazionale, dove ben difficilmente, viste le precedenti sentenze (ad esempio, per citarne una del 21 ottobre 2013, Del Rio Prada contro Spagna) San Marino potrebbe scampare ad una sonora condanna. I ricorsi Cedu potrebbero essere basati sia sulla violazione del principio “nullum crimen, nulla poena sine lege poenali”, che sull’assenza, al momento della condanna definitiva, di un terzo grado di giudizio. Ma anche, e lo si apprende come un fulmine a ciel sereno nelle conclusioni del Giudice Mazza, perchè sul procedimento giudiziario in oggetto -segnatamente sull’ammissibilità o meno del ricorso in terza istanza- hanno influito due norme (l’art. 199Bis e l’art.198 comma 4, ambedue del Codice di procedura penale) le cui disposizioni sul medesimo atto sono diametralmente opposte. E ciò, necessariamente, esaspera il ruolo interpretativo del giudice svilendo pesantemente, in maniera forse totale, lo stato di diritto.

In pratica, semplifichiamo per rendere la questione comprensibile anche a chi non è laureato in legge, secondo uno dei due articoli il ricorso in Terza Istanza sarebbe stato ammissibile, secondo l’altro no… Due norme contrastanti che, insieme, non possono stare nello stesso Codice di procedura penale. All’apparenza sarebbe impossibile, per la Repubblica di San Marino, evitare una condanna della Corte internazionale dei diritti umani in presenza di una simile condizione del suo Codice di procedura penale.

Questa situazione evidenziata nei giorni scorsi apre ad una riflessione sulla gestione passata della giustizia, che coinvolge, più che il potere giudiziario, il potere legislativo, il legislatore, ovvero il Consiglio Grande e Generale. Quanto rilevato dal giudice Mazza ricorda una volta di più, difatti, che le leggi, le norme non possono essere fatte sull’emozione, sull’esigenza (men che meno politica e non giudiziaria) del momento, perchè altrimenti si generano situazioni come questa, create dall’introduzione di una norma che dice bianco che, poi, va in contrasto con un’altra norma che dice nero… E questo, negli ultimi anni, a San Marino, è successo diverse volte come, ad esempio, la norma sull’autoriciclaggio, introdotta in fretta e furia su pressione del Greco senza poi coordinarla con il resto del sistema legislativo.

Interventi legislativi frettolosi che, poi, determinano la democraticamente grave situazione in cui è il giudice a sostituirsi al legislatore in fase di emissione della sentenza… E ciò non è mai bene per un Paese e per la “salute” dello Stato di Diritto e la qualità della sua democrazia.

Enrico Lazzari

Enrico Lazzari